L'invisibile festa

Il contenuto era quello che contava. La pasta umana. Era un amico, semplicemente. Ed eravamo d’accordo, tra amici. D’accordo su cosa? Sul Pernod? Sul significato della vita? Non avremmo saputo dirlo neppure noi. Ma quest’accordo era così pieno, poggiava su una bibbia così evidente nella sua sostanza, che avremmo accettato di fortificare quella veranda e di sostenervi un assedio, per salvare quella sostanza.

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La memoria della morte

“Porta in te il pensiero della morte”, ci dice tutta la tradizione ascetica. Allorché rammentate queste parole a un uomo d’oggi, egli le rifiuta: “come ? Devo vivere per tutta la vita, la mia lunga vita d’uomo, nell’orrore della morte che verrà? Tutte le gioie devono essere avvelenate dalla certezza che avranno fine? Ogni amore deve essere terrorizzato dall’idea della sua perdita?

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Discernere l’ultimo e il penultimo: un’etica della vigilanza

Vivere nell’attesa del ritorno del Signore non è fuga dalla storia: è vivere più pienamente la storia nell’orizzonte del suo destino ultimo. L’atteggiamento evangelico della vigilanza fonda così un’etica del discernimento: chi attende il Signore si sa chiamato a vivere responsabilmente ogni atto alla presenza del suo Dio, e comprende che il valore supremo di ogni scelta morale sta nello sforzo di piacere a Dio e di santificare il suo Nome compiendo la sua volontà. Dio, quale orizzonte ultimo e patria vera, diviene il criterio della decisione morale;

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Fare della propria vita un capo­lavoro

Per essere uomini autentici, per fare della propria vita un capo­lavoro, è invece necessario fare discernimento delle parole, delle proposte, delle presenze dominanti e interrogarsi... Il giovane del racconto di Marco è uno sconosciuto, sappiamo solo che era giovane (come appare dal racconto parallelo di Mt 19,16-22: cf. vv. 20-22), ma siccome si interrogava sul senso della vi­ta si è accorto del passaggio di Gesù e lo ha interrogato, si è arri­schiato a porre delle domande a quel rabbi che passava. «Maestro buono - gli ha chiesto - che cosa devo fare per ottene­re la vita per sempre?».

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La compassione

Nella relazione con il malato e con il sofferente in genere, la compassione è attitudine essenziale. Dal punto di vista teologico la Bibbia attribuisce la compassione anzitutto a Dio e ne fa l’elemento in base al quale Dio “vede” la sofferenza del popolo e si appresta a intervenire a suo favore (Esodo 2,23-25; 3,7-8); Cristo nei vangeli appare come narrazione e personificazione della compassione di Dio, ben espressa nell’atteggiamento del buon samaritano che, passando accanto all’uomo ferito, “lo vide e ne ebbe compassione” (Luca 10,33).

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Sovrano nella sua vulnerabilità

Il mio modo di essere, le mie opinioni non nascono forse dalle pieghe della carne? Il corpo influisce sulla mia visione del mondo. Ciascuno pensa sempre con un vissuto, con la propria storia. anche la personalità più eterea affonda oscure radici nell’esperienza di un corpo, di una carne. angosce, paure, desideri, convinzioni si radicano nel più profondo dell’essere e traggono origine nel corpo, che conserva la memoria di ogni cosa.

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