Una storia che può cambiare il mondo
Il Vangelo di Marco più di ogni altra cosa tratteggia e cerca di attuare a favore di noi lettori un rapporto nel cui ambito le storie narrate acquisiscono senso e diventano credibili: non siamo invitati a formulare giudizi distaccati. In questo modo non voglio affermare indirettamente che i miracoli in Marco non sono reali, ma piuttosto dire che leggere i racconti di miracolo in Marco non significa per l’appunto cogliere in essi una serie di eventi magici degni di nota. Significa leggere di una persona attorno alla quale avvengono cose straordinarie, non importa in fin dei conti con quali dettagli, e cercare di cogliere come una simile strategia narrativa riguardo a tali eventi diventi credibile appunto perché ha trasformato sia il suo narratore sia gli uditori, perché ha creato un rapporto di piena fiducia che ora viene offerto al lettore /ascoltatore affinché lo faccia proprio.
Il testo del Vangelo secondo Marco lancia due sfide ai lettori. La prima è lasciarsi interpellare dalla sua figura centrale. Il narratore Marco scrive a partire da un rapporto, un rapporto irresistibile con Gesù, che desidera divenga reale anche per noi; dunque, a prescindere dal fatto che noi vogliamo o meno entrare in un rapporto analogo, dobbiamo prestare attenzione al fatto costituito da tale rapporto così come l’evangelista ce lo presenta. Di conseguenza, ed è la seconda sfida, dobbiamo afferrare il mutamento avvenuto nella realtà, a cui la storia rende testimonianza, e prendervi parte; tale mutamento viene ora annunciato ufficialmente in un euanghélion, un comunicato stampa proveniente dal palazzo, e narra un cambiamento nel clima politico, un mutamento di regime. Sono queste le sfide: sappiamo lasciarci interpellare dalla figura di Gesù? Siamo in grado di entrare a far parte del mutamento dello status quo che è il tema centrale della sua storia?
Nel primo capitolo di Marco: la voce dal cielo al battesimo di Gesù, la testimonianza resa a Gesù dalla risposta di quegli uomini e quelle donne che riconoscono l’eccezionale autorità e novità di ciò che egli dice e di come lo dice, e la voce dei demoni che si ribellano alla sua presenza. Questa storia, il monito è chiaro, è profondamente seria, è una storia in grado di cambiare il mondo, e la sua influenza va ben al di là dei villaggi della Palestina. E se gli eventi in essa narrati cambiano davvero il mondo (operando un mutamento di regime), allora la sua figura centrale è un uomo dotato dell’autorità e della capacità di cambiare qualsiasi cosa e tutte le cose che sono nel mondo.
Marco ottiene un notevole trionfo narrativo proiettando Gesù sul palcoscenico senza la minima introduzione. Non dice chi egli sia, al di là di come si chiama e da dove proviene: nessun retroterra familiare, nessuna storia natalizia. Il sipario si alza rapidamente ed ecco sulla scena la figura centrale; nessun preludio, apologia o spiegazione, compare l’Unto. Ed è così che il testo proseguirà: per questo il Gesù di Marco non è, malgrado l’opinione di alcuni lettori, un profeta umano, innocente e diretto, privo di tutti quei marchingegni teologici che lo avvolgono negli altri vangeli. Al contrario: si potrebbe sostenere che questo Gesù sia più alieno, più “trascendente”, semplicemente più fastidioso del Gesù degli altri tre vangeli. A noi il compito di investigare quale sorta di mutamento si suppone egli abbia suscitato.