Sempre per amore
2 gennaio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 19,9-12 (Lezionario di Bose)
In quel giorno Gesù disse: 9chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un'altra, commette adulterio».
10Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». 11Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. 12Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».
Nel giorno in cui celebriamo la festa di San Basilio, “grande padre della chiesa e della vita cenobitica”, la liturgia ci propone il famoso detto di Gesù sul celibato, sull’eunuchía per il Regno.
Le parole che l’evangelista Matteo mette sulle labbra di Gesù sono esigenti, dure, scandalose, rovesciano valori e atteggiamenti della mentalità del tempo. L’intero insegnamento di Gesù sul matrimonio e sul divorzio (cf. Mt 19,1-9) scardina la sklerokardía dei suoi interlocutori, qui i farisei, la loro “durezza di cuore”. Gesù rinvia al disegno creativo di Dio e all’essenza della Legge che è l’amore. Al cuore del matrimonio c’è l’amore fedele, il dono definitivo di sé. Chi è affetto da sclerocardia è incapace di amare.
E accanto al matrimonio c’è anche la possibilità – sempre per amore – di vivere l’eunuchía e l’astinenza sessuale per (dià) il Regno. E qui il linguaggio di Gesù si fa aspro e finanche violento: Gesù paragona il celibe all’eunuco, a colui cioè che si evira, riproponendo forse la terminologia dispregiativa e offensiva che veniva rivolta a lui, villano della Galilea, e alla sua rozza cerchia di sempliciotti. Il celibato al tempo di Gesù era uno stile di vita molto inusuale, praticato solo da pochi, in particolare da alcuni esseni: appariva dunque insolito e poco comprensibile.
Ci sono tre categorie di “eunuchi”, spiega Gesù: ci sono eunuchi nati così, impotenti a compiere l’attività sessuale; vi sono eunuchi resi tali perché mutilati, evirati dagli uomini; vi sono infine eunuchi che liberamente scelgono il celibato, rinunciando così al matrimonio e impegnando tutta la loro esistenza per affrettare la venuta del Regno di Dio, per proclamare con Gesù il primato assoluto del Regno dei cieli e delle sue esigenze.
Nessun discorso “angelico”. Il celibato per il regno è una scelta dura, apparentemente negativa. Ma se accolto come un dono gratuito di Dio e come risposta alla propria verità personale, esso può diventare un segno profetico del Regno. Non è un esercizio stoico, non è la conquista del sapiente che cerca la perfezione morale nella rinuncia e nel disprezzo della corporeità e della sessualità. Non è nemmeno motivato da ragioni liturgico-sacrali, in vista di una purezza rituale per il culto e il servizio a Dio. Niente di tutto questo.
Gesù inaugura il suo ministero pubblico con l’annuncio della vicinanza del regno di Dio (cf. Mt 4,17): è la sua stessa vita, è l’irruzione drastica di una nuova era, di un nuovo ordine del mondo che ha invaso il presente, e diventa per il credente un progetto a cui aderire con tutte le proprie forze. Gesù è l’incarnazione della presenza di Dio nel mondo, egli inaugura il regno di Dio sconfiggendo il potere del male nelle sue molteplici forme, e facendo dei lebbrosi, dei pubblicani, dei peccatori, dei poveri, degli ultimi i figli del Regno. E chiama a sé i discepoli “perché stessero con lui e per mandarli a predicare” (Mc 3,14). È qui che trova fondamento il celibato: nell’intimità con il Signore e nell’annuncio dell’evangelo. Il discepolo celibe sposa il progetto rivoluzionario di Gesù Cristo e predica, con la propria carne e la propria fragilità e vulnerabilità, l’amore riconciliatore e la tenerezza di Dio per tutta l’umanità.
fratel Giandomenico