Rispettare l’uomo nella sua indegnità
Occorre osservare che questa morale della reciprocità e della solidarietà non ha nulla a che vedere con un amorale o una politica della compassione né con qualsiasi forma di “miserabilismo”. si deve rimanere in guardia contro la promozione del tutto moderna della commiserazione, legata al rifiuto della sofferenza, come se questa dovesse essere in ogni caso respinta al di fuori delle frontiere dell’umanità, o come se il rifiuto della sofferenza divenisse il nuovo criterio della morale. La reciprocità si identifica con questa presa in carico della nostra comune umanità, in quanto ognuno sa bene di non esistere senza questa relazione con l’altro, e che noi tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, e a tutti i livelli dell’esistenza, in maniera particolare nei nostri momenti di debolezza, di solitudine, di abbandono e di paura di fronte alla sofferenza e alla morte.
Tale reciprocità assume la nostra comune umanità ma non prescrive la giusta condotta, come nella parabola non si canonizza la condotta del samaritano che avrebbe potuto fare altre scelte concrete. Essa sollecita un’intelligenza delle situazioni e una sensibilità per individuare il comportamento giusto ...
Il samaritano non agisce per osservanza religiosa , o per fedeltà a una regola eteronoma di origine trascendente; la grande forza del testo evangelico consiste giustamente nel presentare il gesto come conseguenza logica di un dovere di umanità, in cui il samaritano manifesta la sua dignità di persona umana, e al tempo stesso riconosce nel ferito senza voce un’uguale dignità umana (Paul Valadier, La persona nella sua indegnità, in Concilium 2/2003, pp. 85-87)