La critica evangelica di una vita nascosta in Dio

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Fratelli, sorelle,

il Vangelo di questa domenica (Mc 12,38-44) ci pone di fronte due magisteri. Da un lato abbiamo il magistero presente nel gesto della donna vedova che getta nel tesoro tutto ciò che ha per vivere. Magistero di gratuità, di donazione, di purezza e semplicità, di nascondimento. Sì, il suo gesto è nascosto, non esibito, rifugge la visibilità, ha valore in se stesso. La donna è in quel gesto, non ha bisogno di farlo sapere, di suonare la tromba mentre fa l’elemosina (cf. Mt 6,2). Chi è autentico nel donare e nel vivere la fede non affida ai megafoni la propria innocenza, la propria bontà, le proprie buone azioni. Non sbandiera la propria irreprensibilità “davanti agli uomini”. Dove l’evangelico “davanti agli uomini” trova una traduzione attualizzante nel mondo dei media e dei mezzi di comunicazione. La donna non ha bisogno di un uditorio che la approvi e si schieri dalla sua parte. Il gesto della donna non è accompagnato da dichiarazioni, ma avvolto nel silenzio. Questa donna è esempio di nascondimento, cioè di verità personale, di coscienza retta, che dunque non deve mendicare o addirittura pretendere che altri la confermino. Questo sarebbe segno di ipocrisia. Possiamo dire che in questa donna, che è tutta nel suo gesto di donazione, gesto che diviene segno di donazione dell’intera vita, vi è ciò che la nostra Regola, sulla scia dell’insegnamento dell’Apostolo Paolo, chiama “vita nascosta”, “vita nascosta con Cristo in Dio” (RBo 6.10). Il magistero di questa povera vedova è dunque in questo nascondimento che è autenticità, verità personale, che nulla ha a che vedere con il coltivare un io minimo, con falsa umiltà. Oserei dire che questa donna è contenta del suo gesto e contenuta nel suo gesto. Quell’atto esprime una totalità di donazione che dice un amore con tutto il cuore, con tutte le forze e con tutta l’anima. La vita nascosta con Cristo in Dio non è una vita che si nasconde, che fugge, che non si confronta, ma che ha come primi e severi giudici la coscienza e il vangelo, la coscienza retta e Dio stesso. Per cui a questa donna non importa che il suo gesto sia visto. Siamo molto distanti dalla mondanità di chi ritiene che esista solo ciò che è proclamato ai quattro venti o reso manifesto e visibile al numero più grande possibile di persone.

Ma nel testo evangelico abbiamo anche un altro magistero, quello dello sguardo di Gesù. Lo sguardo che smaschera l’ipocrisia degli uomini religiosi, dei loro vizi e dei loro vezzi: gli scribi sono denunciati nel loro infantilismo e nella loro ipocrisia. L’essere riveriti, onorati, riconosciuti, l’apparire, l’avere i primi posti, il farsi vedere, quasi che la loro considerazione di se stessi fosse così bassa che hanno necessità vitale di essere confermati nel loro valore da altri. E a questi comportamenti religiosi esibiti riescono ad accompagnare schizofrenicamente atteggiamenti delinquenziali, anche se mascherati dietro il sacro e il religioso. Questo sguardo di Gesù è uno sguardo profetico, ma uno sguardo profetico è anzitutto, uno sguardo lucido e critico, che non si lascia incantare da paramenti e suppellettili sacre, da atti rituali e odore di incenso, da abiti religiosi, da nomenclature ecclesiastiche in alto grado, da ruoli ecclesiastici ricoperti. Ora, anche questo magistero, magistero critico verso il religioso, lo possiamo cogliere nella nostra Regola che, sulla scia dei profeti e dell’insegnamento di Gesù, ricorda come la critica a ciò che si discerne come antievangelico nelle scelte e nelle prassi delle chiese, sia essenziale, anche se deve essere fatta come servizio di purificazione, non per ferire o distruggere. Anzi, mettendo insieme i due magisteri di questo vangelo, il nascondimento della donna e la critica di Gesù, possiamo trovare una sintesi in ciò che dice la nostra Regola al paragrafo 45:

La tua critica, la tua contestazione devono esistere, ma come realizzazione quotidiana che da sé rimprovera le antievangelicità delle chiese e dei cristiani” (RBo 45).

Perciò, fratelli, sorelle, siamo sobri e vigilanti perché il nostro Avversario, il Divisore, si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede, nutrendo una fede capace di pensiero critico e autocritico, e che si esprime nascostamente, senza esibizione, nel quotidiano. E tu, Signore, abbi pietà di noi.

fratel Luciano