L’umiltà è lo Spirito santo

Photo by Tim Foster on Unsplash
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Fratelli, sorelle,

nella festa della Pentecoste noi contempliamo la presenza di Cristo che si fa interiore e intima al cristiano attraverso lo Spirito santo. E l’inabitazione dello Spirito nel credente produce, come ricorda la tradizione monastica, l’umiltà. L’umiltà è lo Spirito santo, afferma Isacco di Ninive. L’umiltà è il segno della presenza dello Spirito.

E la nostra Regola ricorda più volte questa dimensione della vita di fede, così importante per tutta la tradizione monastica. Umiltà è apertura fiduciosa ai fratelli e alle sorelle quando si deve riconoscere “con umiltà” di non vedere chiaro, di non sapere come rispondere agli appelli dell’evangelo (RBo 4). Qui l’umiltà è accettazione e riconoscimento delle proprie incapacità, ma anche fiducia negli altri. In un altro passo della Regola si afferma che l’umiltà porta il monaco a servire gli altri e a mettersi a loro disposizione per l’edificazione comunitaria (RBo 17). Anche qui l’umiltà appare nella sua dimensione di apertura relazionale e di rifiuto di autosufficienza e autoreferenzialità. Anche l’opera di critica nei confronti della chiesa va fatta con umiltà, dice la Regola, con l’intento di correggere e purificare e non di denigrare o distruggere (RBo 45).

Nel capitolo sulla povertà si specifica poi che “l’esigenza di povertà va unita a una grande umiltà di spirito che deve accompagnarti dentro e fuori la comunità, ad un senso di piccolezza e ad un atteggiamento che fugge onori e riconoscimenti”. In questo passo è importante il riferimento alla dimensione comunitaria, non solo individuale dell’umiltà, soprattutto là dove si parla di “piccolezza comunitaria” e si afferma: “La comunità certo potrà organizzare incontri a servizio delle chiese e del mondo, ma mai con dimensioni di folla e di spettacolo” (RBo 23). Nessuna autodiminuzione, nessuna falsa umiltà giocando all’io minimo, perché l’umiltà più che frutto della nostra ascesi e volontà è ciò che nasce dagli abbassamenti e dalle umiliazioni che la vita ci infligge. E questo sia a livello personale che comunitario. Potremmo dire che più che virtù da sforzarsi di acquisire, l’umiltà è prova, contraddizione, abbassamento che si subisce ma di cui si fa qualcosa. Non ce ne si lascia abbattere, ma lo si legge nella fede, in Cristo, e si scopre – e questo sì è frutto dell’azione dello Spirito – che anche in quegli eventi di contraddizione che ci possono scoraggiare e amareggiare è inscritta una via che ci insegna a vivere la sequela, non ad abbandonarla, che ci porta a rinnovare la sequela di Cristo, non a metterla in dubbio.

L’umiltà appare così sempre accompagnata a una grande forza interiore. Se dunque si coglie l’umiltà come autenticità, conoscenza e accettazione dell’humus di cui siamo fatti, della nostra creaturalità, e come comprensione di sé davanti al Dio che ha manifestato la sua umiltà nell’abbassamento del Figlio, allora essa ci appare anche come elemento costitutivo nell’edificazione dei rapporti comunitari. L’umiltà sorge in noi dalla conoscenza di noi stessi, dei nostri peccati, dei nostri limiti, delle nostre povertà ma anche dalla conoscenza del Signore Gesù e della sua pratica di umiltà e di carità, e diviene poi ciò che nel concreto di ogni giorno ci conduce a tessere rapporti di accettazione reciproca, di pazienza, a non ribattere e a non rispondere al male con il male, a non voler avere a ogni costo ragione, a operare rinunce con serenità, ad abbassarsi davanti ad altri in spirito di fede, non di remissività. Quello spirito di fede che ci porta a mettere in pratica quanto dice il Nuovo Testamento: “rivestitevi di umiltà nei rapporti reciproci” (1Pt 5,5; Col 3,12), “stimate gli altri, con tutta umiltà, superiori a voi stessi” (Fil 2,3), “non cercate cose alte, ma piegatevi a quelle umili” (Rm 12,16).

Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti perché il nostro Avversario, il Divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede e perseveranti nella preghiera che chiede il dono dell’umiltà che solo può fondare i nostri rapporti reciproci sul saldo basamento della fede. E tu, Signore, abbi tanta pietà di noi.

fratel Luciano