Costruttore di ponti

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Cento anni fa nasceva il teologo ortodosso Olivier Clément.  Sostenne la necessità di ripensare la tradizione ortodossa perché aprisse strade di dialogo con il cristianesimo occidentale e con altre religioni

di RICCARDO BURIGANA

«Questo laico sente di essere uno qualunque, ed ha accettato l’invito con molta emozione e riconoscenza per almeno due motivi principali. Prima di tutto, perché sul cammino verso il Golgota non ci può più essere alcuna separazione. La morte d’amore del Cristo rende irrisorio ogni atteggiamento che non sia di penitenza e di riconciliazione. In secondo luogo, perché scrivere una Via Crucis significa meditare, attraverso una strana esperienza mistica, le parole e i gesti del Dio fatto uomo nel momento in cui assume fino in fondo la nostra condizione, per conoscere dal di dentro la morte e aprirla alla risurrezione».

Con queste parole Olivier Clément (1921-2009) volle presentare la sua meditazione per la Via Crucis del Venerdì santo del 1998, al Colosseo, con la quale egli era stato chiamato da san Giovanni Paolo II a condividere le speranze ecumeniche di una vita spesa per Cristo. Nato il 17 novembre 1921, a Aniane, un piccolo villaggio dell’Aquitania, la sua educazione, in una famiglia che si dichiarava atea, è lontana da qualunque dimensione cristiana in anni nei quali le vicende politiche e la tragedia della guerra spingono il giovane Olivier verso il marxismo, con l’idea che questa sia la soluzione alle ingiustizie, tanto più dopo la sua partecipazione attiva alla resistenza.

Proprio questa sua partecipazione gli fa però iniziare una riflessione sul senso della vita che lo porta a conoscere meglio il cristianesimo e le religioni indiane, ma è l’incontro con gli scritti di Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev (1874-1948), esule in Francia, espulso dalla Rivoluzione bolscevica, che provocano un terremoto spirituale nel suo cuore e nel suo corpo tanto che si mette, lui professore di storia, alla ricerca del pensatore russo. La scoperta della morte di Berdjaev provoca un profondo sconforto dal quale esce anche grazie a Vladimir Losskij (1903-1958) che tanto peso avrà nel suo ingresso nella Chiesa ortodossa verso la quale Clément sentiva già di appartenere: il 1° gennaio 1952 viene battezzato, entrando a far parte ufficialmente della parrocchia parigina della Chiesa ortodossa russa in esilio che, proprio in quegli anni, sta vivendo una nuova stagione nel ripensamento del suo rapporto con il mondo, anche alla luce della “risurrezione ” del Patriarcato di Mosca, voluto da Stalin nel 1941, con delle motivazioni puramente politiche che rischiavano di soffocare la spiritualità ortodossa russa.

Di questa nuova stagione l’Institut St. Serge, fondato nel 1924 a Parigi, diventa uno dei motori per le ricerche in corso, soprattutto sulle origini del cristianesimo, che divennero uno degli interessi primari di Olivier Clément, in futuro uno dei docenti di spicco dell’Istituto parigino di teologia ortodossa. In questi anni viene maturando in lui l’idea che la tradizione ortodossa debba essere ripensata, nella profonda fedeltà alla propria identità, nell’approfondimento delle fonti che per secoli ne hanno alimentato spiritualità e vita, in modo da aprire nuove strade di dialogo. Si doveva, alla luce di una migliore conoscenza della memoria storica, del pensiero e della vita della Chiesa ortodossa, trovare nuove strade per un dialogo con il cristianesimo occidentale, in tutte le sue articolazioni, a partire dalla Chiesa cattolica, con le religioni e con il mondo della cultura contemporanea.

Alla costruzione di questo stile, nel quale rifluisce anche la sua attenzione per il dialogo ebraico-cristiano, il teologo francese dedicherà tutta la sua vita. E questo si coglie dalla lettura dei suoi numerosi e interessanti scritti, talvolta di carattere autobiografico, con un’attenzione del tutta particolare alla scoperta del patrimonio comune spirituale che già unisce i cristiani che devono incamminarsi sulla strada verso la piena comunione nella consapevolezza che questo risponde a una peculiare chiamata di Gesù Cristo. Anche per questo Clément è attento ai passi compiuti ben oltre le iniziative del Consiglio ecumenico delle Chiese, fondato nel 1948, sottolineando la necessità di promuovere una comunione nella quale possano confluire le diverse tradizioni cristiane per una migliore comprensione della missione affidata ad essei.

Da questo punto di vista è fondamentale l’incontro con la comunità di Taizé, in particolare con frère Roger, già nel 1957, con la quale si instaura un rapporto di amicizia e di fraternità che segnerà profondamente la stessa esperienza di Taizé: il teologo fu un appassionato compagno di viaggio nella ricerca di forme con le quale vivere l’unità a partire proprio dal patrimonio di fede che i cristiani sono chiamati a condividere come preambolo di ogni azione, come ha messo in evidenza anche Gianluca Blancini nel suo pionieristico studio Pellegrini in Oriente. La comunità di Taizé e il mondo ortodosso (AGC Edizioni, Firenze, 2018). Dal 1959 Clément è il segretario della rivista «Contacts», una delle voci più significative di dialogo nel panorama teologico-letterario in Europa e dal 1967 consulente del Comitato interepiscopale ortodosso di Francia, proponendo una serie di iniziative per sviluppare una comunione intraortodossa.

Accanto alla sua attività di docenza e ai tanti incontri, tra i quali quello con il patriarca Atenagora, che gli concede una lunga intervista trasformata in un racconto singolare e affascinante, interviene nel dibattito sull’unità della Chiesa con una serie di scritti, tra i quali va ricordata, almeno per le prospettive che apre, la sua risposta all’enciclica Ut Unum sint sulle forme del magistero petrino.

Prende parte regolarmente a incontri ecumenici in Francia, come in tanti altri Paesi, compresa l’Italia, dove diventa un volto famigliare, grazie anche alla sua collaborazione con periodici e quotidiani in cui non si stanca di condividere il suo percorso alla ricerca continua di una spiritualità cristiana letta alla luce della tradizione della Chiesa ortodossa: il tutto per favorire un dialogo ecumenico capace di guidare una conversione del cuore con la quale rendere efficace l’annuncio della morte e resurrezione di Cristo, trovando in questo suo percorsi fratelli e amici.

Il 15 gennaio 2009, il giorno della sua scomparsa, a Parigi, in tanti di loro vorranno essere presenti per manifestare alla moglie Monique, compagna di una vita di pellegrinaggio spirituale, il dono che Olivier Clément è stato per la Chiesa e per il mondo con il suo interrogarsi, nella gioia della condivisione, sul mistero trinitario che illumina sempre e comunque, anche là dove si pensa che ci possano essere solo tenebre.

(Da «L’Osservatore Romano» 17/11/2021, p. II)

Tags: Attualità e vita delle chiese