"Il Signore agiva insieme con loro"

Foto di simon wood su Unsplash
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Mc 16,15-18

In quel tempo Gesù 15E disse ai discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».


Queste parole del Risorto seguono il racconto delle donne fuggite dal sepolcro “piene di spavento e di stupore” (Mc 16,8), dell’incontro con Maria di Màgdala e poi con i discepoli, rimproverati “per la loro incredulità e durezza di cuore” (Mc 16,14). Nonostante la loro mancanza di fiducia e la loro incapacità a riconoscerlo (forse perché i loro occhi erano troppo annebbiati dal pianto, cf. Mc 16,10), Gesù Risorto invia tutti ad annunciare la buona notizia, osando un’estensione universale nel tempo e nello spazio: “in tutto il mondo” e “a ogni creatura”.

Nonostante la fragilità e l’incredulità che abitano ciascuno, il Risorto viene ogni giorno a chiamarci ad andare verso la vita, con la certezza che egli ci precede sempre (cf. Mc 16,7); è con noi e accanto a noi nelle nostre contraddizioni come nei nostri slanci di desiderio, di vita. 

Nel metterci alla sua sequela possiamo divenire a nostra volta annunciatori, eco della Parola, il nostro vivere potrà essere segno e sacramento della sua presenza in mezzo agli uomini.

Con questo vangelo oggi facciamo memoria della rivelazione di Gesù Cristo a Paolo, del suo ricevere occhi nuovi, più profondi e più larghi, per convertirsi dal perseguitare “la Via” (cf. At 22,4) fino al divenire l’inviato a tutti i popoli, l’Apostolo delle genti, annunciatore del Vangelo, della buona notizia che è Gesù, il Messia atteso da tutto Israele. 

Di Paolo, formato “nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri” (At 22,3), eppure “afferrato, conquistato da Gesù Cristo” (Fil 3,12), leggiamo che insieme a Barnaba parlava “fiducioso nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi” (At 14,3): la presenza del Signore, nonostante tutte le difficoltà, diventa buona notizia efficace, operante. È la stessa dinamica che incontriamo nell’invio in missione, cui seguirà l’Ascensione del Signore: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la Parola con i prodigi che l'accompagnavano” (Mc 16,20).

Il Signore agisce con quanti credono e rinnovano la loro vita e con quanti non arrivano a credere, escludendosi in questo modo dalla pienezza che viene da lui. Vengono dati dei “segni”, sempre da riconoscere, per coloro che provano a fidarsi di lui, segni della potenza di Dio che allontana il caos indistinto e travolgente dei “demòni”; la potenza di Dio corrobora la capacità di sopportare il sibilo del male, dei “serpenti”; rende nuova, fresca e limpida ogni comunicazione, dando spazio all’incontro; offre la possibilità di non lasciarsi impadronire dalla forza mortifera che può infiltrarsi insidiosa come un veleno; rinsalda le mani, ossia tutto l’agire, perché possa trovare spazio il bene, come si legge letteralmente dei malati: “e bene avranno” (Mc 16,18).

L’invio del Risorto interpella ciascuno di noi, dal nostro parlare al nostro agire, per essere con la nostra vita custodi e portatori della buona notizia, come Paolo, “servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio” (Rom 1,1).

sorella Silvia