Una scena di quotidiana amicizia

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29 luglio 2024

Lc 10, 38-42

In quel tempo 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


Oggi celebriamo gli “amici del Signore”: santi Marta, Maria e Lazzaro. È bello pensare che Gesù ha avuto, oltre i discepoli con i quali condivideva la vita, anche degli amici, una relazione affettiva speciale. 

“Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro” (Gv 11-5).

Luca, mentre coglie Gesù che cammina risolutamente verso Gerusalemme prevedendo quello che lo aspetta, ci fa intuire il suo bisogno di consolazione e di calore umano, consolazione che trova nell’accoglienza di Marta e di sua sorella. Maria, ci dice Giovanni, avrà persino un gesto profetico di un amore riconoscente e senza limiti: gli verserà sui suoi piedi un unguento di grande valore (cf. Gv 12,3) preannunciando così la morte imminente di Gesù, un gesto riconosciuto come tale da Gesù stesso. 

Luca, non nominando la presenza di Lazzaro, sottolinea l’amicizia di Gesù con delle donne e manda così un messaggio di contro-cultura alla comunità cristiana. Una donna infatti non poteva accogliere un uomo in casa propria senza la presenza di un altro uomo, e l’amicizia non era “permessa”. 

Invece i vangeli ci presentano un’amicizia vera, cioè una relazione profonda e affettuosa di fiducia reciproca che permette anche il rimprovero, il brontolio, le pretese, le debolezze confidate all’amico… 

 I credenti, di solito, non rimettono in questione il fatto di fare fiducia a Dio o di riconoscere la difficoltà a fargli piena fiducia: la fede si dà per scontata. Invece oggi stupiamoci di vedere Gesù nella sua umanità e nella sua divinità dare fiducia agli esseri umani fino a diventare loro amico, pur conoscendo perfettamente le loro miserie. 

 “Non vi chiamo più servi ma vi ho chiamato amici” (Gv 15-15).L’amicizia richiede una relazione libera, in cui le problematiche della relazione si possono esprimere liberamente e con fiducia, in modo di poter evolvere verso una fiducia e una libertà ancora più grande.

Marta si mostra nella sua fragilità, nel suo affanno, nel suo protagonismo, e chiama Gesù a diventare un giudice contro la propria sorella. Evidentemente noi subito avvertiamo questo atteggiamento come reprensibile. Ma, riflettendo bene, non possiamo riconoscerci in Marta? E poi una cosa alla quale non pensiamo è che, come nei salmi “violenti” dove l’orante chiede vendetta a Dio, Marta pone il giudizio nelle mani di Gesù, in tutta fiducia, e non aggredisce direttamente la sorella, come il salmista, non si fa giustizia da solo. 

È una lezione di relazioni fraterne quella che Marta ci dà . Porre sempre il Signore nella relazione tra me e l’altro/a, e questo ci permette di liberarci dai nostri rancori e di crescere nell'amore, accettando la correzione amorevole. Gesù infatti, non sgrida Marta, accoglie il suo malessere e le dà un orientamento verso una libertà interiore maggiore. Infatti lei servirà e l’ospite si sentirà accolto, se lei troverà in sé l’amore gratuito del Signore per gli altri, e farà pace con l’alterità della sorella, senza rancori e gelosie. 

Gesù la chiama due volte per nome: “Marta Marta”, accogliendola con affetto e dicendole il suo amore gratuito anche di fronte al suo malumore. È a partire da questa chiamata sempre rinnovata che Marta, lasciandola risuonare nel suo cuore, imparerà a costruire delle relazioni fraterne belle e buone. 

Sorella Sylvie