Riconoscere l’Elia che deve venire

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20 luglio 2024

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 17,1-11 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù 1prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
10Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». 11Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa.


Il Vangelo della Trasfigurazione secondo Matteo ci richiede pazienza e discernimento per cogliere il senso della visione eccezionale offerta ad alcuni discepoli di Gesù: è un brano che vuole aprire la nostra comprensione oltre l’apparenza del reale, suggerendoci che ogni episodio della nostra vita può illuminarsi alla luce del suo senso complessivo. 

Qui vediamo i discepoli interrogarsi sul ruolo di Elia nell’intera storia di salvezza, come facciamo noi oggi celebrandone la festa al cuore dell’estate. Gli scribi affermano che sarà il suo ritorno a dare inizio all’era messianica e Gesù al Tabor conferma che il compimento di questa profezia è certo e imminente. Gesù richiama ogni discepolo e ciascuno di noi ad ascoltare le profezie contenute nelle Scritture e a interpretarne la valenza a partire dalle realtà di ogni giorno: non aderire alla quotidianità fatta di semplici incontri e parole significa precludersi la comprensione del disegno di salvezza.

Assieme ai discepoli cogliamo l’urgenza di un’altra spiegazione relativa all’irrompere dell’era messianica. Se è già in atto, perché viene impedito ai tre testimoni del Tabor di parlare della visione cui hanno assistito? Come non restare turbati dal motivo alla base di questo divieto? Si tratta infatti di attendere che il loro Rabbi, il Figlio dell’uomo risorga dai morti.

Anche noi lettori, così simili ai quei discepoli nello smarrimento, capiamo perché l’evangelista Matteo ha scelto di porre le questioni cruciali sull’identità di Gesù proprio ora, sottolineando come la visione diretta della gloria del Figlio di Dio non abbia vinto le loro perplessità. Matteo vuole suggerirci che l’identità di Gesù è rivelata più dall’ascolto delle sue parole che da un’apparizione accecante. Così Gesù impone ai discepoli il divieto di divulgare la notizia ma al contempo si affida al loro silenzio affinché lo accompagnino fino al momento decisivo che lo attende a Gerusalemme, quando la croce rivelerà il suo volto di Messia più di tante parole.

Nella medesima prospettiva l’evangelista ci presenta l’identificazione tra l’Elia che deve venire e il Battista che non è stato riconosciuto ma trattato “come hanno voluto”. Gesù, dopo una prima spiegazione, è come colto da un fuoco interiore che lo trattiene dal ritornare presso le folle senza prima aver fatto risuonare una parola di verità. È la voce di chi “viene dopo” e dà compimento alla profezia, facendosi annunciatore della buona notizia: sì, è il Battista quell’Elia atteso per l’inizio dell’era messianica, è lui il precursore che ha aperto la via della conversione al Signore. Vi è dunque continuità nella rivelazione della storia di salvezza operata da Dio tramite i suoi messaggeri.

Facendo memoria di Elia profeta, siamo invitati a imparare dalle Scritture a discernere i segni dei tempi e a “fare segno” a chi viene dopo di noi – come fece Elia con Eliseo – e a chi vive accanto a noi. La trasmissione della fede passa attraverso la dinamica maestro-discepolo vissuta nel quotidiano di una vita comune, nell’ascolto dell’insegnamento di chi ci precede e nella sottomissione reciproca tra fratelli e sorelle.

fratel Norberto


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