Accogliere l’azione del Signore per noi

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

20 giugno 2024

Luca 10,38-42

In quel tempo38mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».


Forse non dobbiamo neanche meravigliarci di fronte a un certo senso di disagio che ci sorge come spontaneo leggendo questa pagina dell’evangelo. Forse non dobbiamo neanche reprimerlo, ma prenderne atto e chiederci di che cosa esso sia espressione, quale nostro sentimento profondo ci sveli e ci riveli, che cosa esso dica di noi. 

Non è forse giusta – ci viene probabilmente da pensare – la rivendicazione di Marta? In fondo c’erano tante cose da fare e Maria se ne stava seduta e inerte. E perché Gesù non si cura, non si preoccupa del molto da fare di Marta? Perché non la soccorre? Perché, proprio lui che altre volte parla della vita sua e del discepolo come vita di servizio (cf. Lc 22,26-27) non le viene in aiuto invitando Maria ad associarsi a lei? Non si prende forse cura di chi è nel bisogno, lui che ha appena narrato la parabola del buon samaritano (cf. Lc 10,29-37)?

A questo punto mi sembra che due siano le vie che possiamo imboccare: o quella di pensare che Gesù non è coerente con sé stesso, con la propria predicazione, che Gesù si sbaglia, oppure pensare che forse c’è qualcosa che non comprendiamo, qualcosa che ci sfugge, e porci dunque nell’atteggiamento della ricerca, della domanda, disposti eventualmente anche a lasciarci scomodare dalla tranquilla acquisizione delle nostre affermazioni e dal rassicurante schema dei nostri consolidati pensieri.

Anzi, forse è proprio questo ciò a cui Luca vuole invitare il lettore del suo evangelo, presentandogli un Gesù che non è possibile schematizzare, che non è possibile avere in mano, prevedere e catalogare in comportamenti scontati e facilmente intuibili. Ma questa sorta di apparente contraddizione non si verifica solo questa volta nei vangeli. Altre volte, infatti, come avviene qui, Gesù sembra dire una cosa e il suo contrario. Ed è proprio il disagio che proviamo di fronte a questo suo agire e dire che è importante, che ci rivela qualcosa di noi stessi, e che dunque è da prendere molto sul serio.

Siamo posti di fronte, infatti, a un Gesù che non ci offre mai la garanzia di essere nel giusto, poiché sembra vera una sua affermazione e il suo contrario, sembra giusto un suo agire e il suo contrario. E allora, che cosa è giusto, che cosa devo fare? È proprio qui, forse, è proprio in questa domanda che sta l’equivoco e l’inganno nascosto del nostro cuore, inganno che Gesù, proprio inducendo in noi questo disagio, porta alla luce, facendocene così diventare consapevoli e offrendoci anche una via di uscita.

Questo brano, infatti, ci pone di fronte a un Gesù che agisce: cammina, entra in una casa e insegna. E l’atteggiamento del discepolo - ci vuol forse rivelare Gesù - non dovrebbe essere tanto di dire: “Cosa devo fare per il Signore?”, ma: “Come posso accogliere ciò che il Signore fa per me?”.

Sì, forse Gesù non rimprovera Marta perché serviva, ma perché nel suo servire era forse ancora troppo preoccupata di ciò che lei faceva, e non si rendeva conto che il Signore stava facendo qualcosa per lei, le stava offrendo la sua presenza e la sua parola, le stava offrendo il dono di una comunione. E noi, nel nostro quotidiano, con la luce che viene dallo Spirito santo (cf. 1Cor 2,12), ce ne accorgiamo?

sorella Cecilia