Una parola che chiama a libertà

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

18 giugno 2024

Lc 8,4-15

In quel tempo4poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: 5«Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. 6Un'altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. 7Un'altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
9I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. 10Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché

vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.

11Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. 12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. 13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. 14Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.


Parabola dell’ascolto, questa, come ben sottolinea la spiegazione della parabola stessa che ci offre Luca: se il seme è la Parola e i terreni sono gli uomini allora tutto si gioca sull’ascolto che ciascuno fa di questa Parola

Ma questa è anche parabola della libertà: “Il seminatore uscì a seminare…”. Il seminatore è un uomo profondamente libero, di quella libertà capace di creare libertà nell’altro. Egli innanzitutto non si chiude nel suo mondo, ma varca l’uscio di casa, non fa della soglia un limite, lo oltrepassa per raggiungere con il suo seme tutti coloro che sono “fuori”, per rendere “casa” ogni luogo, ogni terreno. Per chi non vuol entrare, per chi non sa ancora come entrare, dilata i confini, si fa soglia, si fa porta (cf. Gv 10,7). 

Esce e getta il seme, ovunque. Spreca il seme (chi mai butterebbe del prezioso seme su una strada?). Ma lui non si preoccupa per lo spreco. Lui spera: forse anche una strada, un terreno di sassi e rovi può arrivare ad accogliere qualcosa. È libero perfino di sprecare per amore. Come quella donna, che ha versato del prezioso unguento su Gesù alla vigilia della sua passione (cf. Gv 12,1-11): spreco o modo sommo di prendersi cura?

E ancora: il seminatore offre a tutti il seme, ma non scende a compromessi con i terreni: per tutti il seme è il medesimo, non lo adatta, non si piega ai capricci dei terreni; per tutti getta lo stesso seme che è una Parola potente che chiama alla libertà di portar frutto. Lui spera, punta in alto: anche una strada, un terreno sassoso o di rovi forse possono produrre una spiga, forse racchiudono in sé un pezzettino di terreno buono dove potrà crescere la spiga più bella. 

E poi il seminatore è uomo libero perché rispetta la libertà dei terreni: lui spera, spera sempre, ma mai forza, mai obbliga. Punta al buono che già c’è, e non dà troppo peso al male che già c’è. Per raggiungere un po’ di terra fertile dovrà passare strade aride, campi pieni di sassi e rovi, ma che importa? Il frutto che ne verrà sarà la sua gioia, come la pecorella perduta è stata la gioia per il suo pastore (Lc 15,4-7).

E i terreni? Non sono tutti liberi, ma tutti sono chiamati a libertà: non lasciarti strappare via il seme, sembra dirci la parabola, lascialo penetrare nel terreno, le forze del male che vogliono strapparti la Parola di vita, che vogliono impedirti la misura del Creatore non sono che piccoli uccelli del cielo, ma tu sei chiamato all’altezza del cielo stesso, all’altezza del Creatore. Non lasciare che il seme secchi, donagli acqua, con pazienza e perseveranza, abbine cura, come il Creatore ha cura di te e nulla ti fa mancare nella sua bontà (Mt 6,25-33). Non lasciare che preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita si prendano tutto lo spazio in te, lascia che accanto a loro, al posto loro cresca una Parola capace di strapparti alla preoccupazione, alla dipendenza dalle cose, all’avere te stesso come centro di tutto, una Parola capace di donarti la relazione più forte, quella con il tuo Creatore che desidera per te solo vita in abbondanza (Gv 10,10).

E la vita in abbondanza metterà radici, crescerà in te come frutto pieno, se lasci che il Signore dilati lo spazio di quel terreno buono che c’è in te.

sorella AnnaChiara