Ascoltare e mettere in pratica

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

17 giugno 2024

Lc 6,46-49

In quel tempo Gesù disse: «46Perché mi invocate: «Signore, Signore!» e non fate quello che dico? 47Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. 49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».


Siamo alla conclusione del “discorso della pianura” di Gesù nel vangelo di Luca. Egli si rivolge ai suoi uditori con una domanda diretta: “Perché mi invocate Signore, Signore e non fate quello che dico?” (v. 46).

Anche a noi, che oggi leggiamo questo vangelo, è posta questa domanda. E dobbiamo chiederci: perché ascoltiamo la Parola di Dio, perché leggiamo un commento, e magari mentre lo leggiamo proviamo un certo piacere, ma poi, questa parola incide sul mio vivere concreto? 

Dobbiamo stupirci quando sentiamo dire qualcuno: “Tutti cristiani a parole … Tutti credenti a parole … ma la differenza la fanno i fatti!”.

L’uomo/la donna, chi cerca il Signore davvero, dopo l’ascolto e la meditazione della Parola cerca di metterla in pratica. A fondamenta della vita cristiana e della spiritualità biblica sta questa semplice indicazione: ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio. 

Proprio di fondamenta parla Gesù in questo discorso. Ascoltare la Parola e farla è come qualcuno che edifica la sua casa su un fondamento solido, roccioso. Il contrario è come colui che costruisce la sua casa senza fondamenta. Quando irrompono le acque questa crolla subito. “E la rovina è grande” (v. 49), dice Gesù. 

L’immagine della casa sta per la nostra vita personale, o per la nostra famiglia, la nostra comunità, la chiesa, la società ... Su quale fondamento edifichiamo la nostra vita, le nostre alleanze, le nostre convivenze? Su quali fondamenta poggiano i nostri impegni? Il nostro fare, per essere davvero costruttivo, deve rispondere ad alcune domande essenziali: Che cosa fare? Perché farlo? Per chi e con chi? Come? 

L’uomo della parabola che edifica la sua casa su un fondamento saldo “scavò e andò profondo”, dice il testo (v. 48). Ecco, a ciò che siamo invitati anche noi, che cerchiamo di edificare la nostra vita, la nostra fede sulle basi del vangelo. Occorre scavare e andare in profondità di noi stessi.

Nella parabola del seminatore Gesù parla dell’esigenza di trovare un terreno profondo e lavorato, perché il seme possa mettere delle radici. La fede, che è ascolto e messa in pratica della parola esige che lavoriamo la nostra terra interiore, che lasciamo la Parola e lo Spirito evangelizzare le nostre profondità. Nel concreto significa che lasciamo che la Parola di Dio ci metta in discussione, che lasciamo che la Parola addirittura ci “graffi”. In altre parole, occorre che ci lasciamo guidare, correggere, plasmare dalla Parola. Solo così potremmo giungere all’unità tra fede e vita, tra la professione di un credo e la sua incarnazione concreta nella vita di ogni giorno.

Il frutto tangibile di questo lavoro è una beatitudine: “Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,28). 

E Giacomo scrive nella sua lettera: “Se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla” (Gc 1,23-25).

sorella Alice