Ricerca

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

1 giugno 2024
Lc 15,4-10 (Lezionario di Bose)

 In quel tempo Gesù disse:4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte»


La ricerca del perduto, di ciò che è smarrito attraverso il coraggio di lasciare la presa sulle certezze, siano esse le novantanove pecore o le nove monete, è il filo che lega le due pericopi del vangelo odierno.
Ricerca che è mossa non dall’avidità di possedere tutto e di più, non lasciando neppure le briciole agli altri ma dalla ricerca di una porzione che è marginale, frammentaria e smarrita, per molti persa senza speranza.
Ricerca che è fatica, che può essere tacciata di follia e insensatezza da un punto di vista razionale o economico perché è possibile la perdita del tanto che si possiede.
Eppure Gesù nelle sue parole, nella sua vita ha sempre cercato e continuato a cercare instancabilmente ciò che era perduto agli occhi dei molti, ciò che era disprezzato agli sguardi dei benpensanti religiosi o no che fossero.
Perché questa ricerca?
Se così non fosse la venuta del Figlio di Dio, fattosi carne altro non sarebbe stato che una ripetizione di tante indicazioni etiche presenti nelle religioni, di precetti e pratiche cultuali.
Nessuna novità avrebbe apportato al pensiero di Dio presente nell’umanità.
La pietra scartata dai costruttori, il marginale che è il povero, i pochi pani e pesci che divengono sovrabbondanti è la misura del Dio di Gesù Cristo, è inscritto nel suo stesso nome rivelato a Mosè: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34, 5-7).
A guidare il suo agire non è il calcolo, la convenienza, l’opportunità, ma è il desiderio che la vita di ogni creatura sia piena, sia segnata dal domani, nonostante un oggi buio e ferito dalla violenza e dalla guerra.
Affinché questo accada, è necessario che la sequela di Gesù divenga, per noi, le nostre comunità e chiese la strada che rompe le convenzioni, supera le barriere dell’opportuno e invita a vivere l’esperienza della follia della croce, nel quotidiano giorno dopo giorno.
L’avventura della ricerca è segnata dall’assenza di umane sicurezze se non la parola di Gesù: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).
Lasciare novantanove pecore sole nel deserto, passare a setaccio la casa può apparire follia se non è letto con gli occhi di Gesù.
“Rallegratevi con me” perché il perduto è ritrovato, ciò che pareva assurdo si riveste di senso, l’impossibile diviene possibile.
Oggi più che mai questa parola di Gesù diviene un monito a osare oltre le convenzioni, opporsi alla rassegnazione che scenari di distruzione ci pongono davanti agli occhi quotidianamente.
Il perduto, il senso smarrito, la pace calpestata, le vite violate, i bambini uccisi, non sono l’ultima parola, no, non lo accettiamo. La conversione, il cambiare direzione, rialzarsi dalle cadute non è pura illusione spiritualistica ma può divenire realtà che ridona senso, speranza, vita.
Ci vorrà tempo, è certo che la ricerca sarà a caro prezzo, ma ne vale la pena, non perché siamo noi a dirlo o a pensarlo ma è Gesù stesso che ce lo ricorda e ce lo chiede.

fratel Michele


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