Reciprocità e comunione
Per discernere la qualità comunitaria dell’essere in relazione le categorie di reciprocità e di comunione sono tanto fondamentali quanto, spesso, fraintese. C’è comunione dove sussiste una condivisione di vita e di senso che comporta riconoscimento tra tutti i soggetti che ne hanno parte, tendenziale armonia in uno stesso cammino, esperienza e comunicazione del bene ... Affinché questi tratti essenziali abbiano luogo non è affatto necessario perseguire una comunione esclusiva, omologante, fusionale. al contrario è evidente che un simile ripiegamento inficierebbe l’autentica comunionalità. L’equivoco da superare sta nella diffusa tesi per cui può darsi comunione solo grazie all’esclusività della piccola comunità. Se comunionalità ed esclusività coincidono, è chiaro che la stessa realtà comunitaria finisce fatalmente per configurarsi come luogo chiuso. Nell’antropologia dell’individuo atomizzato s’inserisce così naturalmente l’idea della comunità insulare. I singoli in quanto atomi sociali e le famiglie ridotti piccoli clan coesi in vista della sopravvivenza diventano allora il normale tessuto della società. L’equivoco si supera non appena si impara che l’esclusività esprime in modo distorto una vera caratteristica del riconoscimento comunionale: il fatto che ciascuno non è irrilevante, sostituibile, funzionale a fini superiori, né semplicemente un “altro” generico, perché invece è unico.
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