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Ogni patria è terra straniera

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Lettera a Diogneto


L’A Diogneto è uno scritto del secondo o terzo secolo, in cui l’ignoto autore si rivolge a Diogneto, un pagano che pone degli interrogativi riguardo alla fede cristiana. Il passo su cui abbiamo scelto di riflettere è un passo celebre, anche perché entrato nel dibattito politico in area cattolica negli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso:

I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per modo di vestire. Non abitano in un qualche luogo città proprie né si servono di un qualche dialetto strano, né praticano un genere di vita particolare ... Abitano ciascuno la propria patria, ma come stranieri residenti; a tutto partecipano attivamente come cittadini, e a tutto assistono passivamente come stranieri; ogni terra straniera è per loro patria, e ogni patria terra straniera ... Obbediscono alle leggi stabilite, eppure con la loro vita superano le leggi (A Diogneto 5,1-2.5.10).

Quale vita i cristiani vivono nel mondo? E cosa significa che “ogni terra straniera è per loro patria e ogni patria terra straniera”?

Per far luce sulla vita dei cristiani in mezzo a tutte le altre persone, bisogna anzitutto guardare alla vita di Gesù, cui i suoi discepoli fin dai primi secoli si sono ispirati. Gesù ha condiviso con discepoli e discepole la sua itineranza, a partire dalla Galilea, passando per città e villaggi, fino alla morte a Gerusalemme. Nel suo peregrinare ha incontrato tutti: giusti e peccatori, malati e sani, giovani e vecchi, giudei e pagani.

La comunità cristiana comincia a delineare il suo rapporto con il mondo a partire dall’esempio di Gesù: una comunità aperta a tutti dunque, senza discriminazioni di lingua, cultura o status sociale. La fede in Gesù Cristo implica una testimonianza concreta nella società, anche attraverso azioni, scelte, comportamenti che hanno un’incidenza politica, sociale ed economica (“[I cristiani] obbediscono alle leggi stabilite, eppure con la loro vita superano le leggi”). Ogni terra straniera è per loro patria, perché la fraternità che si sentono chiamati a costruire supera i confini tracciati dalla politica; e ogni patria è per loro terra straniera, perché in ultima istanza questa fraternità e solidarietà assaporate oggi attendono una pienezza che sarà possibile solo nel compimento del regno di Dio, vera “patria” del cristiano e di ogni uomo e di ogni donna, dove la morte e il male non ci saranno più e si gusterà solo una vita traboccante di gioia condivisa in cui tutti sono inclusi.


Uno sguardo diverso

Enrique Ramirez è nato a Santiago del Cile nel 1979. Nei suoi lavori cerca di essere la voce di chi non può parlare.
Cruzar un muro (Attraversare un muro) del 2013 è un cortometraggio, ispirato al 13° articolo della Dichiarazione aniversale dei diritti dell'umanità, in cui si afferma che "Ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese".
Una sala d'aspetto, un ufficio pubblico di immigrazione, situato in "qualche luogo", è lo scenario in cui convergono tutte le aspirazioni umane del nostro tempo ... L'attesa, la convinzione, il desiderio e il diritto di tutti a sognare, viaggiare, la libertà di movimento e residenza entro i confini di ogni stato e diritto al ritorno nel loro paese di origine ... Tutto questo è rappresentato metaforicamente in uno scenario di finzione e realtà.