L’appartenenza alla comunità non la si crea con legami di dipendenza, né con soggezioni psicologiche, né con riferimenti affettivi a un’unica persona, né delegando un altro a darci la vita che non troviamo in noi. È vitale una figura che accompagni, ma è anche importante apprendere l’arte di autoeducarsi, di fare di ogni occasione della vita, anche gli incidenti e le crisi, un possibile momento costruttivo, formativo.
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Il lavoro della liberazione è volto a liberarci da quegli ostacoli profondi che abbiamo costruito in noi stessi per difenderci dal dolore del vivere. In questo lavoro, che spetta a ciascuno di noi, è essenziale la presenza degli altri: amandoci, ci svegliano alla nostalgia della bellezza della relazione e ci spronano a pensare l’altro, a tenere conto di lui, a vivere per lui, a immaginare ciò che per lui è bello e a perseguirlo fattualmente.
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Il monaco è una persona che ogni giorno inizia. Vive ogni giorno come fosse il primo. Come fosse una nascita. Non schiavo del passato e delle abitudini, ma capace di innovare, di riprendersi, di guardare avanti. Atteggiamento umano e spirituale che nasce dal nucleo centrale della fede: la resurrezione. Ogni mattina di ogni giorno è offerta di nuovo inizio, è promessa di novità, è apertura all’avvento, è vocazione, appello alla vita, e questo perché anch’essa è memoria della resurrezione. Ed è possibilità di ricominciare dopo le cadute, dopo le crisi, dopo le morti che conosciamo in vita e che accompagnano il nostro vivere.
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Persona formata è chi non trova fuori di sé il movente per vivere, ma ha assodato e interiorizzato le motivazioni che reggono la sua vocazione. Tutto questo si può riassumere sotto la parola libertà: è il livello di libertà che indica la qualità della persona. Affinché il rapporto tra individuo e comunità sia sostenibile, occorre una libertà di fondo della persona.
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