Il profeta Osea - Gianfranco Ravasi

Leggi tutto: Il profeta Osea - Gianfranco RavasiEsperto biblista ed ebraista, è stato Prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano e docente di Esegesi dell’Antico Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Il Cardinale Ravasi collabora a giornali - per quindici anni al quotidiano Avvenire e attualmente aL'Osservatore Romano e a Il Sole 24 Ore - e cura trasmissioni televisive, come la rubrica domenicale Le frontiere dello Spirito su Canale 5.

In Osea il volto di Dio è anzitutto quello di uno sposo, di un innamorato. Dio vive tutta la gamma dei sentimenti di un innamorato. C’è un finissimo studio psicologico del profeta trasferito in Dio, un sentimento di amore-odio che prova nei confronti della donna che lo tradisce. Dio sperimenta in sé lo sconvolgimento tragico della persona che si sente tradita: Dio non è indifferente, la sofferenza di Dio è atto d’amore. Dio non dovrebbe soffrire, dato che la sofferenza è segno del limite della creatura. In realtà c’è un dolore, una sofferenza che è pienezza e non imperfezione. Il dolore della madre per il figlio che soffre, il dolore dell’innamorato nei confronti della persona amata, questo dolore di donazione è un aspetto positivo, è un aspetto di generosità, di grandiosità dell’amore di Dio e dell’uomo.

“Toglierò i nomi degli idoli dalla tua bocca.” Così sogna il profeta Osea il ritorno della donna infedele che lo ha abbandonato. Così il Signore si rivolge al suo popolo che gli ha preferito gli idoli, e le divinità straniere, che ha pervertito i suoi costumi e ha dimenticato l'alleanza con Dio. Il cardinal Gianfranco Ravasi presenta il profeta Osea come l'interprete della misericordia di Dio. Il testo presenta infatti un doppio registro in cui viene narrata la vicenda personale di Osea, segnata dall'infedeltà e dal tradimento, e la storia dell'alleanza tra Dio e il suo popolo, anch'essa segnata dall'infedeltà d'Israele verso il suo Dio. Il rapporto tra Dio e il suo popolo è compreso a partire dall'immagine dell'amore nuziale, e il tradimento è dovuto alla prostituzione d'Israele che ha preferito idoli stranieri. Osea mostra di cosa è capace il Dio che ha viscere di misericordia: soffre fino quasi a ripudiare il suo popolo, a detestarlo, fino a dire: “voi non siete più il mio popolo, e io per voi non sono” Il Signore arriva a smentire se stesso di fronte alla delusione che gli provoca Israele, ma subito dopo, non fa che sognare il ritorno dell'amata, è pronto a dimenticare ogni infedeltà pur di ricostruire l'alleanza. “ Ti farò mia sposa per sempre (…) a non-popolo-mio, dirò popolo-mio ed egli mi dirà mio Dio.”

Sintesi della giornata di Sofia Bianchi

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I divorziati - Basilio Petrà

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Nato ad Arezzo nel 1946 da genitori greci, è presbitero cattolico della diocesi di Prato. Laureato in filosofia (Università di Firenze, 1971), dottore in teologia morale (Accademia Alfonsiana, Roma, 1981).Ha trascorso un anno di studi (1976/1977) presso la Holy Cross School of (Greek Orthodox) Theology (Brookline, Boston, USA) con scholarship della allora Greek Orthodox Archdiocese of North and South America, ed un semestre (1977-1978) presso la Facoltà di teologia dell'Università di Tessalonica (Grecia). E' professore stabile ordinario di teologia morale fondamentale e di morale familiare presso la Facoltà Teologica dell'Italia Centrale con sede a Firenze, ove insegna dal 1981; dal 1979 è pure docente invitato di teologia morale patristica greca presso l'Accademia Alfonsiana (Roma). Dal 1992 tiene corsi di morale ortodossa presso il Pontificio Istituto Orientale (Roma) ove è attualmente professore invitato associato. Dal 1994 al 2007 è stato consultore della Pontificia Congregazione per le Chiese Orientali Cattoliche. Dal 2001 è professore invitato presso l'Istituto Ecumenico San Nicola di Bari. Dal 2003 è membro del Board of Governors dell'Intams (International Academy for Marital Spirituality-Bruxelles). Professore invitato presso l'Università Urbaniana dal 2004-2005.

Consigliere di redazione di varie riviste teologiche (Rivista di teologia morale, Rivista liturgica [fino al 2008], Rivista di ascetica e mistica, Ephrem's Theological Journal, Intams Review, Asian Horizons), ha tradotto saggi e volumi dei teologi ortodossi Ch.Yannaras, G.Mantzaridis, S.S.Harakas, I. Zizioulas, A.Yannoulatos.

"L’accoglienza dei divorziati risposati è una delle più grandi sfide pastorali odierne. Essa esige da parte della chiesa l’attivazione di tutte le sue risorse in modo da riuscire ad essere segno della divina misericordia e a mostrare un volto di madre, il suo vero volto. L’incontro sarà dedicato a mettere in luce i vari aspetti del problema: biblici, storici, canonici, teologici, pastorali; sarà presa in considerazione la prassi di altre chiese e saranno presentate e discusse le varie proposte attualmente presenti in ambito cattolico".

Dall’inizio del pontificato di papa Francesco e in maniera particolare dalla relazione finale del sinodo straordinario sui temi della famiglia emerge sempre più con insistenza la necessità di riflettere a fondo sulla presenza sempre più numerosa di famiglie con situazioni particolari di sofferenza, di divisioni e di fallimenti matrimoniali alle spalle, che chiedono aiuto e accoglienza nella Chiesa. Il professore Basilio Petrà, presidente dell’associazione teologica italiana per lo studio della morale, ha cercato di ripercorre tutte le tappe storiche del dibattito e della legislazione della chiesa in merito soprattutto all’accoglienza dei divorziati risposati, cercando di individuarne i criteri ispiratori e di mettere in luce possibili “vuoti legislativi”. Il sinodo straordinario e le votazioni che sono avvenute a maggioranza su ogni punto della relazione, mostrano che la Chiesa necessita di tutte le sue risorse intellettuali, pastorali e spirituali per affrontare il problema. La nostra tradizione, ha osservato il professor Petrà, contiene in sé gli elementi su cui si può lavorare per venire incontro a situazioni sempre più numerose, che non sono semplicemente casi di studio, ma persone segnate da fallimenti che cercano anche nella chiesa un luogo in cui sentirsi accolte e ricominciare.

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I giovani oggi - Umberto Galimberti

Leggi tutto: I giovani oggi - Umberto GalimbertiNato a Monza nel 1942, Umberto Galimberti, già professore ordinario all’università Ca’ Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia della Storia. Dal 1985 è membro ordinario dell’international Association for Analytical Psychology. Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato numerosi testi di Jaspers, di cui è stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania.

Umberto Galimberti analizza le radici della paura che provano i giovani di oggi, derivante dall’insicurezza, dal senso di inadeguatezza del vivere e dalla mancanza di aspettative verso il futuro, da quello che Friedrich Nietzsche definì “nichilismo”, vale a dire assenza di uno scopo e rinuncia al perseguimento di un obiettivo; suggerisce come eliminare questa paura e come far fronte alla crisi di oggi, acquisendo consapevolezza di ciò che si è, della propria virtù e delle proprie capacità. Egli propone un modello di cultura che non segue schemi fissi: si tratta di un modello che non “immobilizza”, che induce i giovani a considerare un futuro incerto come un’occasione e non come un limite, permettendo di reinventarsi scongiurando la “monotonia della ripetizione” e di un percorso predefinito.

“Qual è la ragione del tuo malessere?” chiedeva il filosofo argentino Miguel Benasayagai giovani di Parigi che ascoltava e curava, e la risposta era sempre “Non lo so”.

Non è un malessere psicologico, ma culturale dice Umberto Galimberti. La profezia del folle che annuncia la morte di Dio, la perdita di senso e la svalutazione di tutti i valori è rimasta inascoltata per più di un secolo, ma ora siamo costretti a fare i conti con “l'ospite inquietante”, il tempo del nichilismo. Sia la tradizione giudaico-cristiana sia poi la scienza moderna iscrivevano il futuro in un disegno e il tempo in una storia: il passato come male, il presente come redenzione e il futuro come salvezza. Ora invece ci si trova a fare i conti con un futuro che rappresenta una minaccia. la mancata promessa del futuro, è uno dei fattori sociali che determina in maniera radicale il malessere dei giovani.

Ma secondo Galimberti i “disastri” che plasmano e determinano la vita di un giovane avvengono in realtà nei primi tre anni di vita, nei quali si costruisce la sua mappa emotiva sulla base di quelli che sono gli stimoli e gli interventi esterni. Il riconoscimento, il rapporto con l'autorità, il principio di non-contraddizione e di causalità, sono codici fondamentali per imparare a leggere e dare significato al mondo esterno e ai propri stimoli e sentimenti interni. L'identità non è dunque un concetto naturale ma un processo che si fonda sul riconoscimento, il bambino che non viene riconosciuto e ascoltato, a cui non viene data risposta ai suoi “perché”, ma solo gratificato e tenuto buono fatica a sviluppare la sua propria identità e resta “muto” e inconsapevole di fronte al mondo esterno e di fronte a se stesso perché non ha imparato a dare nome alle cose.  

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