Sete di conoscere, sete di amare


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DAVIDE BENATI, Cigno nero» (2021)
DAVIDE BENATI, Cigno nero» (2021)

26 aprile 2024

Gv 7,25-39

In quel tempo 25alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? 26Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? 27Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». 28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. 29Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
30Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora. 31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando verrà, compirà forse segni più grandi di quelli che ha fatto costui?».
32I farisei udirono che la gente andava dicendo sottovoce queste cose di lui. Perciò i capi dei sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. 33Gesù disse: «Ancora per poco tempo sono con voi; poi vado da colui che mi ha mandato. 34Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire». 35Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e insegnerà ai Greci? 36Che discorso è quello che ha fatto: «Voi mi cercherete e non mi troverete», e: «Dove sono io, voi non potete venire»?».

37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.


Avere sete di conoscere, senza fermarsi alle apparenze, lasciandosi provocare da parole e gesti che rinviano a un significato più profondo inerente la sua persona e la sua missione. Gesù non sembra chiedere altro ai suoi interlocutori, a noi che oggi ci mettiamo in ascolto di questo testo scandito da numerose domande su di lui. Il suo modo di insegnare, di comportarsi, di incontrare le persone suscitava nei suoi interlocutori interrogativi e reazioni diverse, anche opposte. Gesù qui le lascia come in sospeso, perché non è ancora giunta la sua “ora”. 

“Costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia” (Gv 7,27). Il rischio di fronte al mistero dell’altro è quello di pretendere di conoscere, una pretesa che arriva a sviarne la comprensione e a rendere ciechi: è il “peccato” che Gesù rimprovera alle guide religiose del suo tempo che non giungono a riconoscerlo come il Messia inviato del Padre. Ne ricaviamo una lezione per le nostre relazioni, nelle quali siamo invitati ad accostare l’altro e il suo mistero con rispetto, rimanendo sulla soglia per accogliere quanto di sé vorrà affidarci

Nel prosieguo del dialogo Gesù si fa ancora più impermeabile. “Ancora per poco sono con voi, poi vado da colui che mi ha mandato. Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire” (Gv 7,34). C’è un tempo in cui è possibile trovarlo, se lo si cerca, che ci è dato come occasione da non lasciarsi sfuggire, e un tempo in cui non è possibile trovarlo (anche se lo si cerca). Poco per volta Gesù farà comprendere ai discepoli che attraverso di lui potranno andare al Padre indicando sé stesso, la sua umanità, come “via”. Un luogo, questo, in cui possiamo rimanere in comunione con il Signore per sempre, qualunque cosa ci accada. 

Restano le domande ed è bene perché sono il carburante della nostra ricerca interiore. Ecco perché nell’ultimo giorno della festa – la festa delle Capanne che fa da sfondo a questo episodio, con un insieme di rituali che assumono qui una portata simbolica in vista della rivelazione messianica di Gesù – Gesù grida: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me”. Egli fa appello alla nostra sete, al desiderio di acqua viva, fresca, che portiamo nel cuore. La nostra sete è il mezzo per andare a lui, ed esprime il nostro bisogno fondamentale di vita: sete di relazione, di bellezza, di verità. Un desiderio che deve essere custodito. 

 “O Dio, dall’aurora io ti cerco, il mio essere ha sete di te” (Sal 63,2). Alla nostra sete Gesù risponde con la sua stessa sete di incontrarci e la promessa dello Spirito santo, la vita stessa di Dio, che come sorgente zampillante sgorga in noi. Lo Spirito santo sarà donato all’umanità dal Crocifisso. La morte di Gesù in croce è, secondo Giovanni, la sua glorificazione, perché è lì che si rivela come il Figlio di Dio che dà la vita per noi. La nostra vocazione ha come sorgente il costato trafitto di Gesù, da cui uscirà il suo Spirito, simboleggiato dall’acqua e dal sangue (Gv 19,34). Generati come discepoli da quella ferita d’amore, siamo chiamati ad avere la sua stessa sete di amare.

fratel Salvatore