Siamo ciechi sulla sua strada


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Foto di Julia Eagle su Unsplash
Foto di Julia Eagle su Unsplash

15 marzo 2024

Mc 10,46-52

In quel tempo 46Gesù e i discepoli giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.


Il brano evangelico di oggi inizia presentandoci un Gesù in grande movimento. Un Gesù che appena arriva a Gerico subito riparte. Il suo obiettivo è chiaro; la sua meta è Gerusalemme, la grande città dove trascorrerà gli ultimi giorni della sua vita, portando a pieno compimento la sua esistenza terrena, e compiendo fino alla fine la narrazione dell’amore del Padre per tutta l’umanità e per ciascuno di noi. 

“Insieme a Lui i suoi discepoli e molta folla”. Questo inizio di frase nomina appena i discepoli e la folla senza dare nessun'altra informazione. E lo fa perché non è su di loro che deve concentrarsi la nostra attenzione. L’attenzione del testo si ferma su un altro personaggio. Un personaggio di cui sono dette tantissime informazioni: di lui si specifica come si chiama, che è cieco, che è seduto lungo la strada, che sta mendicando, che sente passare Gesù e dunque nonostante la sua menomazione sa veramente darsi da fare e mettersi in movimento.

Il confronto tra i molti anonimi che escono con Gesù da Gerico e Bartimeo è dunque davvero sproporzionato! Questa sproporzione non è per nulla casuale ma è voluta e ricercata per mettere in evidenza che cos’è essenziale per passare dall’essere seduti lungo la strada (v. 46) al seguire Gesù senza indugio (“subito” specifica il testo al v 52). 

Ma se questa è l’intenzione del testo, perché vengono citati i suoi discepoli e la numerosa folla? Questi personaggi non sono per nulla essenziali alla narrazione del testo, anzi sono persino di ostacolo al povero Bartimeo che cercano di zittire. Il motivo è talmente semplice che rischiamo di non accorgercene. 

Noi siamo quella folla! Sì, proprio noi nel bel mezzo di questa quaresima. Siamo così sicuri di essere davvero alla sequela del Signore? Non rischiamo di darla talmente scontata da non accorgerci che stiamo andando dietro a volontà proprie piuttosto che a Lui? Volontà proprie che vengono ricercate pretendendo da Gesù quello che vogliamo noi, proprio come i suoi due fedelissimi discepoli Giacomo e Giovanni che, poco prima del nostro brano gli chiedono: “Maestro vogliamo che tu faccia quello che noi ti chiederemo” (v. 35)? 

Ecco, dunque, che Bartimeo comincia a gridare la propria miseria, e continua a gridarla nonostante il rimprovero di molti. Ecco, dunque, che Bartimeo abituato a mendicare l’essenziale per vivere, trova in Gesù colui che gli chiede “Cosa vuoi che io faccia per te?”. Gesù sa benissimo quello che noi vogliamo ancor prima che glielo chiediamo. Non occorre pretenderlo come Giacomo e Giovanni.

Così un cieco mendicante al bordo di una strada ci insegna che per giungere a seguire davvero Gesù fino a Gerusalemme occorre essere coscienti della nostra miseria. Sì, perché la nostra miseria è il luogo dove poter esercitare la fede che porta alla salvezza. “La tua fede ti ha salvato” dice Gesù a Bartimeo.

Ma noi vogliamo fare volontà proprie, fino a pretendere posizioni di potere oppure essere salvati dalle nostre piccole e grandi miserie che ci impediscono di seguire Gesù sulla strada che lo conduce fino a donare la vita per amore?

fratel Dario a Cellole


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