E io, oggi, chi dico che sia Gesù per me?


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Foto di Sonny Mauricio su Unsplash
Foto di Sonny Mauricio su Unsplash

4 marzo 2024

Mc 8,27-33

In quel tempo 27Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».


Il brano si colloca al centro del Vangelo di Marco, segnando una svolta significativa nel ministero di Gesù, poiché è la prima volta che parla apertamente della sua passione, morte e resurrezione.

In un dialogo con i suoi discepoli, Gesù li interroga sulla sua identità, chiedendo: “La gente, chi dice che io sia?” (v. 27). Le risposte evidenziano le molteplici interpretazioni popolari, che riflettono le aspettative messianiche dell’epoca, contenute nelle profezie dell’Antico Testamento. Tuttavia, queste risposte che guardano al passato, non colgono la novità e la verità della persona di Gesù.

La domanda poi, diventa più intima e diretta: “Ma voi, chi dite che io sia?” (v. 29). Gesù non cerca semplicemente una conferma esterna e superficiale della sua identità, ma richiede una scelta dichiarata. Essa deve confessare chi è lui per loro e portare alla luce la profondità della loro fede.

È Pietro che, ispirato dallo Spirito Santo risponde con una professione di fede solenne e audace: “Tu sei il Cristo” (cf. Mt 16,13-20; Lc 9,18-20; At 2, 36; Rm 1, 3-4; 1 Cor 12, 3; Fil 2, 11). Così riconosce in Gesù il Messia atteso, colui che realizza le promesse di Dio fatte a Israele, e porta la salvezza al mondo. Questa confessione di Pietro, però, non è ancora piena e matura, perché non comprende il mistero della croce, che è il cuore del vangelo.

Gesù impone ai suoi discepoli di non parlare di lui con nessuno (cf. v. 30), perché sa che il titolo di Cristo può essere frainteso e manipolato secondo le aspettative umane di un messia glorioso e trionfante. Gesù vuole invece rivelare ai suoi discepoli il vero volto del Cristo, che è quello del Figlio dell’uomo, che deve soffrire molto, essere rifiutato dalle autorità religiose e politiche, consegnato nelle mani degli uomini, venire ucciso e risorgere il terzo giorno (cf. v. 31).

Qui emerge un contrasto tra la prospettiva divina di Gesù e quella umana dei suoi discepoli, rappresentata dall’atteggiamento di Pietro. Pietro con le sue paure, i suoi limiti e i suoi desideri umani, che rivelano la sua lotta interna, non accetta questo annuncio Non concepisce come il Cristo possa soffrire e morire, come il Messia possa essere debole e umiliato, come il Figlio di Dio possa essere crocifisso.

Gesù reagisce con forza e rimprovera duramente e pubblicamente Pietro, dicendogli: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (v. 33). Lo chiama Satana, cioè avversario, tentatore, ostacolo perché con le sue parole cerca di impedirgli di compiere la volontà del Padre. Gesù comanda a Pietro di conformarsi al suo pensiero e al suo progetto, che sono di Dio e non degli uomini. Lo invita a cambiare mentalità, a convertirsi, a entrare nella logica divina, che è quella dell’amore che si dona fino alla fine. Le reazioni impulsive di Pietro offrono a Gesù occasioni per insegnare e correggere progressivamente e mettono in evidenza la lotta spirituale tra la fede e il dubbio, tra l'obbedienza e l'orgoglio, tra l'umiltà e la presunzione.

Ma Gesù, al di là delle nostre contraddizioni non ci abbandona, non smette mai di agire nella nostra vita, anche quando cadiamo in tentazione, inciampiamo, sperimentiamo la sofferenza.

E io, oggi, chi dico che sia Gesù per me? Dove lo riconosco e come lo confesso? Non basta proclamare con le labbra che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Devo abbracciare il suo cammino di croce, che è il segno della sua fedeltà al Padre e del suo amore per l’umanità. È necessario, seguirlo con coraggio, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze e dalle cose mondane. Questa è una sfida che richiede una conversione continua e una testimonianza coerente. Solo così potrò entrare in comunione con lui e partecipare alla sua gloria.

sorella Mónica


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