Non il potere ma l’umiltà della preghiera
27 marzo 2025
Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,14-29 - (Lezionario di Bose)
14Gesù e i tre discepoli, arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. 15E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. 16Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». 17E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. 18Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 19Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». 20E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. 21Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia; 22anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 23Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». 24Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». 25Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». 26Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». 27Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
28Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». 29Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».
Ogni occasione in cui sperimentiamo la nostra impotenza può produrre in noi frustrazione: è facile comprendere perché la scena iniziale è segnata da una tensione generalizzata: discepoli, scribi e folla discutono animatamente; la reazione della folla al vedere Gesù è denotata più da paura che da stupore, quindi da una fretta opprimente: lo stato di possessione del ragazzo, che gli rende impossibile una vita familiare e sociale, sembra avere contagiato in qualche misura non solo il padre, ma tutti i presenti.
Anche oggi, le manifestazioni di male suscitano risposte scomposte, perfino aggressive, che fanno da cassa di risonanza a quel male multiforme. È facile capire l’esclamazione stizzita di Gesù: queste persone, di fronte all’impossibilità di vincere il male con le loro forze (quali?), se ne fanno vincere. Il contrario di quanto Paolo aveva suggerito ai cristiani di Roma (cf. Rm 12,17-21) e di quanto fa Gesù in questo caso.
Dapprima chiede di portargli il ragazzo senza perdere tempo in chiacchiere. Una prima reazione, di fronte al male, può essere quella di appassionarci sui modi di combatterlo: così finiamo per combattere tra di noi e perdiamo di vista chi del male è vittima. Quindi Gesù non manifesta fretta; chiede anzi al padre ulteriori informazioni, per permettergli di dire la sua angoscia. Atteggiamento che un uomo vessato dalla durezza del male e dalla sua resistenza a ogni trattamento può fraintendere: “Se tu puoi … abbi misericordia”: proiettiamo all’esterno la nostra impotenza, suggerendo che la benevolenza altrui non sia scontata.
Pure, queste parole del padre contengono un punto di partenza: la richiesta di aiuto e di misericordia non soltanto per il figlio posseduto ma anche per sé. E la risposta di Gesù lo aiuta a non addossare ad altri la sua debolezza ma ad assumerla: “Aiuta la mia incredulità!”. È solo in questo passaggio dalla ricerca di una forza, propria o altrui, all’ammissione della propria debolezza che può manifestarsi la misericordia del Signore (cf. 2Cor 12,9).
Il modo in cui si manifesta questa misericordia è istruttivo. In primo luogo, Marco sottolinea che il passaggio dalla possessione alla vita rinnovata non è indolore: comporta sofferenza, in un processo che è quasi di morte e resurrezione (cf. v. 26). Soprattutto, però, Gesù disattende le richieste della folla, del padre e degli stessi discepoli: gli chiedevano di scacciare il demonio, egli “si limita” a farlo uscire, e insiste in questo nella risposta finale ai discepoli – qui bisogna scostarsi dalla traduzione della Cei, perché il testo originale dice “non può uscire”, non “non può essere scacciato” – dove sottolinea il ruolo decisivo della preghiera, così distante dal “potere di scacciare i demoni" che Gesù aveva dato loro (cf. Mc 3,15) e che loro avevano esercitato (cf. Mc 6,13).
No, nessun potere ma l’umiltà della preghiera: quella che Gesù aveva praticato prima della sua trasfigurazione (cf. Lc 9,28) e che invitava i suoi discepoli a praticare sempre (cf. Lc 18,1-8). Preghiera che ci riporta alla realtà della nostra debolezza e ci permette di unirci, con fiducia, al grido di quel padre: “Credo, aiuta la mia incredulità!”.
fratel Federico