Pensare il nemico
Contiene il rischio di sconvolgere la “versione ufficiale”, che è per lo più anche l’unica lecita, “legittima”, che un popolo disorientato, un popolo in guerra, racconta costantemente a se stesso. Anche se forse si potrebbe capovolgere quest’ultima affermazione e dire che non di rado un popolo si trova in uno stato di conflittualità permanente proprio perché è invischiato in una determinata “versione uffciale”… C’è un altro evidente aspetto positivo in questo sforzo di guardare la realtà attraverso gli occhi del nemico. Perché il nemico vede in noi, il popolo che gli sta di fronte, le cose che ogni popolo attribuisce al nemico: la crudeltà, la violenza, la brutalità, il sadismo, la presunzione, l’autocommiserazione, l’ambiguità morale. Non di rado non ci accorgiamo di quel che “trasmettiamo” al nemico, e di conseguenza anche agli altri che non sono nemici e, alla fin fine, a noi stessi. Non di rado diciamo a noi stessi che adottiamo metodi rigidi, che ci comportiamo in modo violento e brutale solo ed esclusivamente perché siamo impantanati in una guerra, e quando questa sarà finita smetteremo immediatamente di fare così e torneremo a essere quella società e quel popolo morali, nobili, che eravamo prima. Può anche darsi, però, che proprio il nemico, colui verso il quale attiviamo quei meccanismi di ostilità e violenza, colui che ne è divenuto la vittima, stia avvertendo molto prima di noi quanto questi meccanismi siano già diventati parte integrante del nostro presente di popolo e di società. Quanto si siano ormai insinuati nelle nostre configurazioni interiori. E può anche darsi che proprio questo capovolgimento di prospettiva, il fatto cioè di vederci con gli occhi del popolo per il quale rappresentiamo i conquistatori, per esempio, possa risvegliare in noi le sirene d’allarme dandoci il modo di capire, e per tempo, il nostro inganno, il danno subito e la nostra cecità. imparando così da cosa dobbiamo metterci in salvo, e quanto è vitale per noi stessi l’urgenza di cambiare radicalmente la situazione. Perché, quando riusciamo a leggere il testo della realtà con gli occhi del nemico, allora quella realtà in cui noi e il nostro nemico viviamo e agiamo diventa improvvisamente più complessa, più realistica; possiamo riprenderci parti che avevamo espunto dal nostro quadro del mondo.