Oscar Arnulfo Romero
Oscar Arnulfo Romero diventa arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador, il 22 febbraio 1977. Il paese vive una lacerante conflittualità sociale: si scontrano una classe di potere militare insensibile ai diritti umani e correnti politiche che chiedono maggiore giustizia. La popolazione contadina vive un’estrema povertà e regna un clima di guerriglia continua. In questo quadro si colloca la figura di Oscar Arnulfo Romero. Dotato di grande fermezza e autorevolezza in pubblico, nelle omelie, nei discorsi e nelle interviste, in privato è vulnerabile, chiede perdono, cerca, nel dialogo, consigli e soluzioni. Una svolta, nella sua vita di fede, è data dall’uccisione del suo amico gesuita padre Rutilio Grande, che lottava contro le prevaricazioni sociali: Romero, profondamente addolorato, comprende allora la portata della denuncia che tanti preti stavano conducendo. Diventa presto un personaggio internazionale, una figura autorevole e prestigiosa, la coscienza viva del suo popolo. Riceve ripetute minacce, tuttavia non teme di denunciare con forza, a viso aperto, gli omicidi e le torture che quotidianamente sono perpetrate a danno dei contadini. Per questo, di lui si dice che dà voce a quelli che voce non hanno. Viene accusato di essere un marxista, di fare politica. Come tutti i profeti, però, Romero non è interessato a un coinvolgimento in politica: solo, le parole che pronuncia, taglienti come lame, inevitabilmente scuotono i gruppi politici, che si sentono attaccati, smascherati. Il 23 marzo 1980 lancia dal pulpito un appello coraggioso, l’ultimo, che gli costa la morte:
“Davanti a un ordine di uccidere, che viene da un uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice: ‘Non uccidere’ … Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che sia contro la legge di Dio … Una legge immorale, nessuno deve adempierla … È ormai ora che recuperiate la vostra coscienza e obbediate a essa”.
Il giorno dopo, il 24 marzo 1980, viene ucciso sull’altare da un sicario, mentre celebra l’eucaristia. Nel 1997 viene avviato il processo di beatificazione di quel vescovo che tutti i cristiani dell’America latina chiamavano già “san Romero delle Americhe”. Papa Francesco, nel febbraio 2015, lo proclama beato, a significare che la chiesa deve stare dalla parte degli oppressi, non di coloro che i torti li commettono. La problematica sollevata in quegli anni da Romero è ancora oggi di scottante attualità. La sua beatificazione vuole significare la volontà, della chiesa, di essere povera e al servizio dei poveri.