Vivendo attentamente si impara a distinguere fra essere presenti in isolamento ed essere presenti in solitudine. Soli in un ufficio, in casa o in una sala d'aspetto vuota si può soffrire -d'isolamento irrequieto oppure godere di una solitudine serena. Insegnando in classe, ascoltando una conferenza, guardando un film o chiacchierando in un momento di svago, si può avere un senso pesante d'isolamento oppure la profonda soddisfazione di chi parla, ascolta ed osserva dal centro tranquillo della propria solitudine...
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La parola solitudine può ingannare. Essa suggerisce l'idea di starsene da soli, in un luogo isolato. Se pensiamo ai solitari, la nostra mente evoca facilmente immagini di monaci e di eremiti,, appartati in siti remoti, lontani dal frastuono di un mondo indaffarato. Infatti, le parole «solitudine» e «solitario» traggono origine dalla parola latina «solus», che significa «senza nessuno».. Nel corso dei tempi molte donne e molti uomini, desiderosi di vivere un'esistenza spirituale...
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"La cosa che sembra più facile è in realtà la più difficile: conoscere se stessi"
Edgar Morin
1) Apri la tua esperienza di deserto con il silenzio. Nel silenzio cerca di riflettere e interrogarti. Pensa al tuo passato e al tuo oggi, a come agisci e interagisci con gli altri, e cerca di dare il nome a ciò che ti rende felice, contento/a, e a ciò che ti rende infelice e scontento/a, a ciò che ti dà gioia e a ciò che ti fa soffrire.
2) Esercita l'immaginazione e immagina te stesso/a al futuro: come ti vedi felice? Come ti pensi realizzato/a?
3) Approfondisci il silenzio. Nella tua solitudine, cerca di stare almeno mezz'ora (meglio se un'ora) in silenzio anche interiore (silenzio da pensieri, immagini, ricordi, voci): come ti senti dopo? Cosa ti dice il tuo corpo?
4) Esercitati al ringraziamento: cerca di chiudere la tua esperienza di deserto ringraziando. E cerca di individuare i motivi (eventi, persone, paesaggi...) per cui ringraziare. Ricordati della parola di Teresa di Lisieux: "Tutto è grazia".
Non ferire il fratello con parole ambigue, perché non ti avvenga di riceverne in cambio di simili e di allontanare da entrambi la disposizione della carità; ma “và e rimproveralo” (Matteo 18,15)...
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