“S. Isacco di Ninive e il suo insegnamento spirituale”

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La Comunità monastica di Bose, in collaborazione con le Chiese ortodosse, riprendendo una tradizione che dura da quasi tre decenni, interrotta negli ultimi a causa della pandemia, ha organizzato a Bose tra il 6 e il 9 settembre 2022 il XXVIII Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa, sul tema “S. Isacco di Ninive e il suo insegnamento spirituale”. La scelta di ricominciare con un convegno dedicato a sant’Isacco di Ninive, noto anche come “Isacco il Siro”, si spiega con il desiderio di tornare alle origini di questi nostri convegni di spiritualità, riattingendo alle fonti comuni della spiritualità monastica, nella convinzione che essa possa continuare a essere un terreno fecondo di dialogo e di comunione nell’esperienza della fede.

Il convegno, che ha visto la partecipazione di alcuni vescovi ortodossi (tra cui il Metropolita del Belgio Athenagoras in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico) e di numerosi monaci e laici dall’Italia e dall’estero (Siria, Libano, Egitto, Romania, Polonia, Slovacchia, Grecia, Germania, Belgio, Francia e Svizzera), ha inteso mettere in luce i molteplici aspetti del ricco insegnamento spirituale del Ninivita, che dopo secoli continua ancor oggi a toccare il cuore di tanti credenti in tutto il mondo e a essere una fonte inesauribile di ispirazione per la vita cristiana.

Introducendo i lavori, il priore della comunità, fr. Sabino Chialà, ha spiegato i motivi che hanno guidato la decisione della comunità di riprendere i convegni e di farlo in una forma rinnovata: nel mezzo della dolorosa guerra in Ucraina, nonostante le difficoltà e i motivi che avrebbero suggerito un’ulteriore dilazione, si è scelto di osare un segno di speranza, non solo celebrando lo stesso il convegno, ma ripensandolo in una forma più semplice e familiare, con un minor numero di relazioni e di partecipanti, affinché l’incontro tra cristiani appartenenti a chiese e tradizioni diverse restasse prioritario.

La relazione di apertura “Isacco di Ninive: un santo ecumenico”, del prof. Sebastian Brock (Oxford), editore e traduttore di Isacco e uno dei massimi studiosi viventi di letteratura siriaca, è stata un avvincente viaggio intorno alla diffusione di Isacco attraverso i suoi lettori e traduttori. Vissuto in Mesopotamia nel VII secolo, Isacco può essere definito un autentico “santo ecumenico”,

perché è stato ed è tuttora amato e letto ben oltre i confini della sua chiesa di appartenenza, l’antica Chiesa Siro-Orientale, che fin dal V secolo non si trova più in comunione con il resto della cristianità.

Figlio di un’epoca non meno complessa della nostra, l’epoca dell’affermazione dell’islam, Isacco è stato annunciatore di speranza in mezzo a grandi rivolgimenti politici e religiosi: la seconda relazione del prof. Paolo Bettiolo “Isacco di Ninive: una chiesa e un mondo in un’epoca torbida” ha evidenziato come al tempo di Isacco e nei decenni a lui successivi si sia riproposta, nella Chiesa Siro-Orientale, una contrapposizione tra ambienti monastici, scolastici ed episcopali diversi tra loro, divisi nella ricezione e riproposizione della tradizione dottrinale e spirituale ricevuta dal IV-V secolo in un contesto di profondi mutamenti a livello sia religioso che politico.

Il vescovo Benedict Vesa (Patriarcato di Romania) ci ha invitati a riscoprire e riassaporare il tema dell’infinita misericordia di Dio, che costituisce certamente il cuore pulsante dell’intero pensiero isacchiano. Un amore che l’uomo non ha il potere di avvilire, di spegnere o di annullare. È ferma convinzione del nostro autore infatti che il peccato umano non sarà mai più forte dell’amore di Dio: potrà a volte costringerlo al silenzio, perché il Dio biblico rispetta la nostra libertà, ma non potrà mai distruggere né attenuare la veemenza di quell’amore infinito, di cui anche il giudizio ultimo è espressione. La redenzione e la croce, di cui ci ha parlato p. Porphyrios Georgi (Balamand, Libano), ne sono un riflesso eloquente. Movente della croce è solo l’amore. Certo Dio avrebbe potuto salvarci altrimenti, ma, secondo Isacco, egli non ha trovato un modo più eloquente per far conoscere il suo amore infinito per l’umanità.

Della croce ci ha parlato anche il vescovo Mar Emmanuel Yosip in apertura della seconda giornata del convegno, mostrando il debito di Isacco nei confronti della tradizione di cui era figlio, e in particolare di due padri come Efrem e Narsai di Nisibi. Questa relazione ha rappresentato un motivo particolare di gioia, perché è stata pronunciata da un vescovo della Chiesa Assira o Siro-Orientale (diocesi del Canada), la stessa chiesa di cui Isacco era figlio.

Maksim Kalilin (Mosca) ci ha poi guidati nella geografia interiore dell’essere umano, descritta dal Ninivita, e in quell’opera sinergica tra esteriore ed interiore che caratterizza il suo pensiero. Una visione che, in obbedienza alle Scritture, contesta radicalmente ogni visione dualistica che disprezza la creaturalità e ogni contrapposizione tra corpo e spirito.

Ma in una tale antropologia qual è il ruolo della debolezza della natura umana, e come può questa incontrarsi con la grazia divina? A questa domanda ha cercato di rispondere una delle conferenze più apprezzate dal pubblico, quella della giovane ricercatrice Valentina Duca (Lovanio) che ha fatto emergere, tra l’altro, delle sorprendenti affinità del pensiero di Isacco con alcuni filoni

della psicanalisi e della fenomenologia contemporanea. Per Isacco la debolezza, se e quando viene percepita e riconosciuta attraverso le prove e le sofferenze, fa giungere a una piena consapevolezza di sé che è incontro con la propria interiorità e con Dio, diventando uno spazio in cui la grazia può agire in modo mirabile.

Molto apprezzata da tutti è stata poi, mercoledì pomeriggio, una delle novità più rilevanti del convegno di quest’anno: i gruppi di lettura e di condivisione sui testi di Isacco. Per favorire un incontro personale e diretto con gli scritti di Isacco, i partecipanti – tra cui anche alcuni fratelli e sorelle della comunità – si sono divisi in sei gruppi di lavoro, a seconda della lingua (italiano, inglese, francese, greco e russo) e del tema preferito (preghiera, debolezza, umiltà, carità, speranza, lotta spirituale). Tale modalità, oltre a favorire la conoscenza reciproca, ha permesso di far emergere ulteriormente la grande attualità dell’insegnamento di Isacco.

La terza giornata del convegno si è aperta con la relazione del prof. Nestor Kavvadas (Bonn): "L'ascesi evangelica: la lotta per ridiventare umili". L’umiltà, uno dei cardini del pensiero di Isacco, è l’accoglienza pacificata della propria finitudine: l’umile è l’uomo che vive riconciliato con la propria stessa creaturalità, a immagine del Cristo che si fece umile diventando uomo.

La relazione della prof.ssa Brouria Bitton-Askelony (Gerusalemme) ha messo poi in luce il passaggio “dalla preghiera allo stupore”. Il cammino della preghiera, passando attraverso le fatiche del corpo, giunge alla gratuità di un dono che l’essere umano è chiamato ad accogliere nello stupore: è ciò che Isacco definisce “non-preghiera”, per sottolineare che in essa non vi è più sforzo umano, ma semplice e puro dono.

Un itinerario simile è quello tracciato dall’intervento del monaco p. Agapie Corbu (Arad, Romania) “Lacrime di pentimento e lacrime di gioia”, che ha messo in luce il passaggio dalle lacrime che scaturiscono con fatica e dolore, in chi soffre per aver ferito l’amore divino, alle lacrime di gioia, che debordano da un corpo afono, incapace di esprimere altrimenti la pienezza da cui è pervaso.

Marcel Pirard (Bruxelles), editore della versione greca delle opere di Isacco, ha tenuto la conferenza dal titolo “La vita monastica e Isacco il Siro”: la lettura dei Discorsi ascetici potrebbe far concludere che Isacco si rivolga esclusivamente a dei monaci, in realtà lo scenario della sua vita è il deserto interiore più che il deserto geografico. La lotta di chi vive in monastero e la lotta di chi vive nel mondo è dunque una sola: far emergere l'uomo interiore, raggiungere la libertà, acquisire un cuore compassionevole verso la creazione intera.

Questa creazione, che è segno della benevolenza di Dio, il primo “libro” che Dio ha offerto agli uomini, attende la redenzione finale, come ha indicato Pablo Argárate (Graz) nella prima relazione

di venerdì: per Isacco il male, il peccato e la morte non sono sempre esistiti e verrà un tempo in cui non esisteranno più, mentre di fronte, prima e dopo di essi l’amore di Dio per ogni creatura è eterno e indefettibile; l’inferno stesso, che apparentemente è la negazione estrema di questo amore, non può in alcun modo vincerlo.

L’ultima relazione del prof. Chrysostomos Stamoulis (Salonicco) ha risposto a una domanda risuonata ripetutamente durante il convegno: cosa può dire Isacco all’uomo del XXI secolo? Stamoulis ha osservato che, al di là della distanza cronologica e culturale, non vi è differenza sostanziale tra noi contemporanei e chi visse prima delle rivoluzioni industriali e tecnologiche che hanno segnato gli ultimi due secoli. L’amore e la compassione per ogni creatura annunciate da Isacco sono validi oggi come lo erano quattordici secoli fa, e oggi come allora possono porsi in contraddizione con alcune pratiche e convinzioni radicate. Particolarmente scandaloso può risultare l’appello di Isacco all’umiltà (“Svilisciti e vedrai la gloria di Dio in te!”) in un mondo tutto teso all’affermazione di sé, ma proprio perché scandaloso, esso resta un messaggio prezioso.

La domanda sul perché del grande successo del messaggio di Isacco è risuonata ancora nelle conclusioni del priore Sabino Chialà, che ha presentato alcune delle risposte emerse in questi giorni: “Forse perché Isacco parla della sua esperienza reale, forse perché evita qualsiasi artificio letterario, forse perché il suo insegnamento è un atto di amore consapevole da parte sua, nei confronti di quanti l’avrebbero letto, e che si sentono così ospitati nel grembo accogliente delle sue parole di vita… Credo che Isacco sarebbe d’accordo nel dire che eloquenti e sempre efficaci sono solo le parole che nascono dall’amore”.

Giorni preziosi e di grazia questi del convegno di Bose, in cui le parole di Isacco sono servite da catalizzatore per l’incontro fraterno e la comunione nella fede tra cristiani di diverse confessioni. “Abbiamo constatato – ha concluso il priore – la potenza di comunione che questo Padre ha saputo generare nei secoli e che ancora una volta abbiamo visto all’opera tra noi. … Isacco è stato capace non solo di attrarci qui, ma anche di aiutarci a scoprire quella fraternità che ci unisce nonostante le nostre divisioni”.

Ascolta l'intervista a Sabino Chialà su Radio InBlu

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