Santità e bellezza


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 Articolata come bellezza, la santità appare anzitutto essere impresa non individualistica, non frutto dello sforzo, magari eroico, del singolo, ma evento di comunione. E' la comunione raffigurata iconicamente in Mosè ed Elia "apparsi nella loro gloria'' (Luca 9,31) e nei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni radunati attorno al Cristo splendente nella luce della trasfigurazione. E' la communio sanctorum, la comunione dei santi, di coloro che partecipano alla vita divina communicantes in Unum, comunicando con Colui che è l'unica sorgente della santità (cf. Ebrei 2,11). Come non ricordare la cattedrale di Chartres con le statue dei santi dell'Antico e del Nuovo Testamento radunati attorno al Beau Dieu come tanti raggi che promanano dall'unico sole? La gloria di Colui che è "l'autore della bellezza'' rifulge sul volto di Gesù, il Cristo (2 Lettera ai Corinzi 4,6), il Messia cantato dal salmista come "il più bello tra i figli dell'uomo'' (Salmo 45,3) e si effonde nel cuore dei cristiani grazie all'azione dello Spirito santificatore, che plasma il loro volto a immagine e somiglianza del volto di Cristo, trasformando le loro individualità biologiche in eventi di relazione e comunione. E così la vita e la persona del cristiano possono conoscere qualcosa della bellezza della vita divina trinitaria, vita che è comunione, pericoresi di amore. La santità è bellezza che contesta la bruttura della chiusura in sé, dell'egocentrismo, della filautía. E' gioia che contesta la tristezza di chi non si apre al dono di amore, come il giovane ricco che "se ne andò triste'' (Matteo 19,22).