Pregare nella storia


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Ora, “intercedere” significa “fare un passo tra”, muoversi tra due realtà, immettere in una situazione negativa elementi in grado di mutarla: significa diventare solidale con chi è nel bisogno, recando dall’interno l’aiuto possibile, significa soprattutto compiere la volontà del Signore che è sempre volontà di perdono, di pace, di vita piena. Gesù ha detto: “Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono!” (Luca 11,13). Ecco la “cosa buona” che i cristiani chiedono nella preghiera: lo Spirito santo che agisce nel cuore e nelle menti degli uomini e vi immette pensieri e progetti di pace. Ecco cosa i cristiani sono sicuri di ottenere, perché Gesù lo ha promesso… Allora questa preghiera diviene efficace nella storia, una preghiera capace di raccogliere le grida delle vittime, le urla che invocano giustizia. Questa preghiera si fa voce di tutto il sangue innocente versato, da quello di Abele il giusto fino a quello dei poveri, degli inermi kosovari, albanesi o serbi, vittime di una violenza e di una guerra decisa da altri sulle loro teste, una guerra dalla quale non possono uscire vincitori ma solo sconfitti: uomini e donne sfigurati per generazioni dalla brutalità della violenza dell’essere umano sul proprio simile.