In Gesù il Regno si è già avvicinato
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29 novembre 2024
Lc 21,29-33
In quel tempo 29Gesù disse una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: 30quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l'estate è vicina. 31Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. 33Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Gesù dice che sì in un giorno - che nessuno conosce e neppure lui - il cielo e la terra passeranno, ma la mia parola non passerà mai, perché è la realtà della fedeltà dell’amore di Dio in noi e tra di noi. Perché è la parola di Dio incarnata nella storia di salvezza fino a incarnarsi nel messia Gesù e con lui nell’umanità tutta.
Che Gesù, come nel vangelo di oggi, preferisse per sé il nome di “figlio dell’uomo”, dice almeno il suo riconoscere nella propria umanità il compimento del cammino di Dio verso il mondo.
Per questo Gesù ci esorta all’attesa gioiosa e non angosciata. Sebbene, come attesta anche la profezia di Daniele, sia in mezzo a catastrofi che si leverà la luce dei giusti (cf. Dn 12) – dei “beati” come li chiamano i vangeli - costoro brilleranno come il sole, come stelle meravigliose e verranno insieme al Figlio dell’uomo, inseparabili da lui.
L’attesa è l’atteggiamento normale di chi patisce una grande mancanza ma ha una speranza solida e fiduciosa che la sua attesa non sia vana; ed è laboriosa perché è lotta contro ciò che vorrebbe distrarci con l’oblio; è attenzione,nell’oggi, a tutto ciò che ci attornia, dando sempre la precedenza a chi ha bisogno, come ci insegna quella specie di parabola del ritorno di Gesù (cf. Mt 25,31-46).
L’oggetto dell’attesa nostra e del cosmo intero è il Figlio dell’uomo che verrà con la sua divina “potenza”: potenza che sulla croce ci ha mostrato essere la sua umanità infinitamente amorosa e disarmata.
Questa sarà la liberazione per chi lo attende; per questo possiamo nella gioia rialzare la testa (cf. Lc 21,28). La salvezza è sempre liberazione (come Dio ci ha insegnato salvando Israele nell’esodo dall’Egitto) seppur travagliata dai nostri terrori come nell’attraversamento del mare e del deserto. E sarà il compimento di ogni promessa nella salvezza del mondo, il nuovo e definitivo esodo verso lo shalom, la vita con Dio e con tutti e tutte nella creazione anch’essa ricreata nella pace.
Ma poiché anche all’inizio Gesù predicava così: “il Regno di Dio si è avvicinato”, sembra proprio che la presenza di Gesù sulla terra e poi, dopo la sua resurrezione, negli umani attraverso lo Spirito santo, coincida con l’avvicinarsi del Regno. È Gesù la vicinanza del Regno, e coloro che l’attendono vivono già ora della promessa di Dio, pregustando già la liberazione nella gioia della gratitudine.
Purtroppo abbiamo spesso dimenticato che Gesù è Signore dell’universo ma al modo di Dio, non al nostro! Cioè che l’essere stato Gesù un mite e umile servo di tutti non era un atteggiamento, per così dire, funzionale alla nostra salvezza, ma appartiene alla verità del nostro Dio, raccontata da Gesù nella sua compassione e tenerezza fedele per Israele e l’umanità. Gesù infatti ci ha detto che, al suo ritorno, farà accomodare a tavola i suoi fratelli e sorelle che ancora lo attenderanno nell’amore del prossimo, e lui stesso passerà a servirli (cf. Lc 12,37)!
sorella Maria