Di chi ci riconosciamo figli?


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9 ottobre 2024

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 8,50-58 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse:" 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: «Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno». 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: «È nostro Dio!», 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».


Per la memoria di Abramo, padre di tutti i credenti nel Dio unico, ascoltiamo e meditiamo il passo che conclude il c. 8 del vangelo di Giovanni, un brano complesso che chiede di essere compreso alla luce di tutta la seconda parte di questo capitolo a partire dal versetto 13. In questi versetti ricorre ben ventidue volte la parola “padre” applicata a tre entità diverse: a Dio Padre, ad Abramo, al diavolo.

Gesù, dopo essersi dichiarato “luce del mondo” (Gv 8,12), ha un confronto serrato con i farisei in cui chiama a testimonianza il Padre. Poi il confronto prosegue con quei giudei che gli avevano creduto. Ma ciò che colpisce è che nel seguito del testo si assiste a un indurimento progressivo, a un rifiuto sempre più netto di Gesù e della sua parola fino al tentativo di lapidarlo, lui che con i suoi discorsi tenta di scuotere il sonno delle coscienze. Chi ha il cuore di pietra tenta di gettare le pietre sugli altri! La parola diventa insopportabile, l’appello alla libertà, alla verità, una provocazione che va messa a tacere.

Di chi vogliamo essere figli? Figli del diavolo, che è omicida fin da principio, da quando ha ingannato Adamo ed Eva? La menzogna, lo stravolgimento voluto e premeditato della verità, della realtà per il desiderio perverso di farsi come Dio, di pretendersi onniscienti, onnipotenti, immortali, non può che portare all’omicidio di chiunque potrebbe presentarsi come un ostacolo su questa via. O vogliamo essere figli di Abramo, che esultò nella speranza di vedere il giorno della venuta di Gesù “lo vide e fu pieno di gioia” (Gv 8, 56) e figli di Dio Padre, raccontato da Gesù?

In che modo Abramo vide il giorno della venuta di Gesù? In che modo possiamo riconoscerci figli di Abramo e manifestarlo nella nostra vita? La vita di Abramo si svolge interamente sotto il segno dell’ascolto: “Il Signore parlò ad Abramo: vattene dalla tua terra … Abramo partì come gli aveva ordinato il Signore” (Gen 12,4). La fede è un viaggio, un cammino che procede a volte su vie oscure e tortuose. Abramo è un uomo di pace, cerca la pace con Lot (cf. Gen 13), disposto a perdere per salvare la fraternità e la pace. È l’uomo che sa ringraziare; il suo cammino è segnato dalla costruzione di altari, luoghi di “eucarestia”, di rendimento di grazie. Non rifiuta nulla al suo Signore, neanche il figlio che pur gli era stato promesso. Crede alle promesse di Dio anche quando le vede crollare una dopo l’altra (cf. Eb 11,13). Questa è l’opera di Abramo: una vita vissuta nella fede, nella speranza, con uno sguardo rivolto all’invisibile, nella gioia di chi sa tenere lo sguardo rivolto verso l’alto anche nelle tribolazioni. “Ebbe fede saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18). Con lui attendiamo di vedere il giorno del messia, speranza degli afflitti e dei disperati, consolazione e gioia per chi è nella tristezza; attendiamo il giorno in cui i figli di Abramo secondo la carne, i figli di Ismaele, e noi che appartenendo a Cristo siamo figli di Abramo (“Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa”, Gal 3,29), riconosciamo finalmente di essere figli dello stesso Padre e dunque fratelli.

sorella Lisa