La carità rinuncia a ciò che non è essenziale


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Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

17 agosto 2024

Mt 17,22-27

In quel tempo 22mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini 23e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.24Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». 25Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». 26Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. 27Ma, per evitare di scandalizzarli, va' al mare, getta l'amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».


Tutto avviene in Galilea, attraversata da nord a sud. A un certo momento i discepoli di Gesù fanno cerchio attorno a lui per ascoltarne le istruzioni, l’una riguardo di ciò che sta per accadergli, l’altra relativa alla tassa da devolvere per il tempio. Nel primo caso, in Mt 17,23-24, Gesù intende risvegliare la coscienza dei suoi a un dato che non può essere eluso: colui che Pietro ha confessato Messia e Figlio di Dio (cf. Mt 16,16) è destinato a essere consegnato. 

Siamo dinanzi alla seconda predizione della passione (la prima è in Mt 16,21, la terza in Mt 20,18-19). Una narrazione concisa, la più vicina all’annuncio originario di Gesù: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”. Non si accenna al ruolo delle autorità giudaiche, quasi a sottolineare che molteplici possono essere i modi di tradire Gesù: Giuda, Pietro e l’abbandono dei discepoli insegnano. E la cosa riguarda ciascuno da vicino nel proprio oggi. 

Annuncio che causa turbamento, lo stesso che i discepoli proveranno nell’ultima cena dinanzi all’annuncio del traditore: “Sono forse io?” (Mt 26,22). Alla luce di tutto il Nuovo Testamento a noi è dato di leggere in quel crocifisso, turbamento-scandalo-follia, l’incontrarsi del male estremo, la consegna a morte dell’innocente, e del bene estremo, la consegna di sé con amore a chi ti uccide ingiustamente. Un amore che racconta la verità di Dio e dell’uomo a immagine di Dio

“Ma il terzo giorno risorgerà”. L’ultimo capitolo, la resurrezione dai morti, è consegnato a chi ha amato e ha dato se stesso per molti, per tutti, a tutti vita. Ovviamente Gesù che si autodefinisce Figlio dell’uomo - un proclamarsi veramente uomo che include il suo essere veramente Figlio di Dio - Gesù il figlio di Maria è il Figlio di Dio. E alla sequela di Gesù la resurrezione è consegnata ai somiglianti a lui, uomini e donne reali a cui l’essere figli e figlie di Dio non è una aggiunta ma un costitutivo della loro verità. 

La seconda scena evangelica ci conduce a Cafarnao, in casa di Pietro (cf. Mt 17,24-27), e ci pone di fronte all’episodio dell’imposta da pagare al tempio, un obbligo per ogni maschio oltre i vent’anni. Agli esattori che domandano a Pietro se Gesù paga tale imposta egli risponde ‘sì’. Questione chiusa che viene però riaperta da Gesù quando si rivolge a Pietro chiedendogli: “I re di questa terra da chi riscuotono tasse e tributi, dalla cerchia dei familiari o dagli estranei?”. Risposta scontata che offre a Gesù l’occasione di un insegnamento che diverrà paradigmatico per le Chiese di ogni tempo. Gesù è il Figlio, il tempio è la “casa di suo Padre” (Gv 2,16) delle cui cose deve occuparsi, (Lc 2,49), egli è più del tempio (Mt 2,16), il suo corpo è la dimora del Dio vivente. Pertanto egli è esente dal pagare imposte al tempio di pietra e con lui la sua cerchia, quelli che fanno la volontà del Padre (Mt 12,46-50), i figli di Dio. “Ma perché non si scandalizzino”, dice Gesù a Pietro, “paga per me e per te la moneta d’argento” procurata in modo leggendario. 

Ciò che merita di essere sottolineato è il rapporto libertà-carità. Gesù sa in verità di essere libero dal pagare l’imposta, e con lui i suoi, sono familiari del Dio del tempio, ma non usa di questa libertà per una ragione di amore, non essere di inciampo ai più deboli nel cammino della fede con i quali il discorso deve rimanere sempre aperto, siano essi gli esattori delle tasse o i discepoli stessi. Non si rovina un rapporto per questioni seconde e secondarie. Diverrà prassi ecclesiale: il pensiero va alla questione delle carni immolate agli idoli e vendute nei macelli. Bisogna mangiarle o no? Paolo, forte nella fede, teoricamente dice sì perché gli idoli non esistono, ma per non scandalizzare i più deboli, con il rischio di interrompere una relazione, sa rinunciare mosso da una libertà guidata dall’amore: “Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello” (1Cor 8,13), “la vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli” (1Cor 8,9).

Cristiano adulto è chi dimora nell’essenziale, l’amore di Dio in Cristo per ogni creatura, un amore che sa dire no a comportamenti che al momento turbano l’altro. La libertà è inscindibile dalla carità, quest’ultima è il criterio che ne determina la declinazione, caso per caso.

fratel Giancarlo