Una traccia di preghiera
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11 giugno 2024
Mt 6,9-15
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:" 9Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
10venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
11Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
12e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
13e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
14Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; 15ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Gesù oggi ci consegna una traccia di preghiera, il “Padre nostro”, che possiamo considerare come l’espressione della nostra fede. È a questo “deposito” che continuiamo ad attingere per vivere ed essere custoditi nella giusta relazione con Dio nostro Padre e gli altri, i nostri fratelli e le nostre sorelle.
“Voi dunque pregate così”. Gesù ha cura di sottolineare una differenza che deve caratterizzare il modo di pregare dei discepoli rispetto a chi fa della preghiera un mezzo di ostentazione di sé oppure moltiplica le parole credendo di venire ascoltato a forza di parole (cf. Mt 6,5-7). Per questo propone un canovaccio composto di alcune invocazioni che possiamo rivolgere al Padre nella fiducia che il suo sguardo compassionevole accompagna le nostre vite e ci avvolge nell’intimo del nostro cuore.
Attraverso le parole del Padre nostro raggiungiamo quelle stesse pronunciate da Gesù al Padre, entriamo nella sua preghiera, nella stessa relazione di confidenza che egli ha vissuto con Dio. Dio Padre è nei cieli, ma non è lontano dalle vicende e dalle fatiche degli uomini, e vi partecipa con il suo amore pieno di sollecitudine: “Il Signore è nella dimora del suo Santo, ha nei cieli il suo trono, ma i suoi occhi sempre aperti osservano, le sue pupille scrutano gli uomini” (Sal 11,4).
Nel Padre nostro siamo immessi in un dialogo intessuto di alcune domande che intrecciano quelle che portiamo nel cuore e che siamo chiamati a fare emergere in verità, altrimenti corriamo il rischio di ripeterle automaticamente, senza pensarci troppo, come per abitudine.
Quando diciamo: “Sia santificato il tuo Nome”, chiediamo al Signore di continuare a farsi presente nella storia per chi è come lui è: parola di vita e salvezza per chi la accoglie. Le due invocazioni successive hanno come oggetto il Regno e la volontà di Dio: un regno e una volontà “non di questo mondo”, ma di giustizia, di pace, di solidarietà, i cui germi è possibile intravedere laddove il rancore lascia il posto al perdono, la meschinità alla bontà, la discriminazione all’accoglienza.
C’è poi la richiesta di ciò di cui abbiamo bisogno per vivere, simboleggiato dal pane, memoria della nostra creaturalità, perché dipendiamo da ciò che mangiamo, e insieme domanda di benedizione del lavoro delle nostre mani. Il pane è “nostro”, come il Padre cui ci rivolgiamo, lo domandiamo per noi e i nostri fratelli. Il pane condiviso ha un sapore diverso perché ci apre alla fraternità, al mutuo soccorso.
Chiediamo al Signore anche di cancellare i nostri “debiti”: ne abbiamo bisogno come il pane per vivere perché siamo manchevoli, bisognosi della misericordia del Padre, solidali in tutto con i nostri fratelli di cui siamo chiamati a nostra volta a perdonare le mancanze. Il perdono che riceviamo da Dio come grazia è anche nelle nostre mani perché vi rispondiamo perdonando a nostra volta gli altri, e questo debito reciproco costituisce la cartina tornasole dell’autenticità della preghiera. Domandiamo infine al Signore di non essere abbandonati nella tentazione, fiduciosi della sua presenza accanto a noi nella lotta contro il male dal quale pure chiediamo di essere liberati.
Comprendiamo così come la preghiera, nella quale Gesù ci invita a entrare, abbraccia davvero la vita nelle sue molteplici dimensioni; la relazione con Dio e con i fratelli e le sorelle vi trova il suo fondamento.
fratel Salvatore