Senza maschere


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Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

23 maggio 2024
Mt 21,28-32 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse:28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: «Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna». 29Ed egli rispose: «Non ne ho voglia». Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: «Sì, signore». Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.


Oggi il vangelo ci interpella sulla nostra capacità di autenticità, di essere noi stessi, senza maschere di fronte ai nostri fratelli o sorelle, o di fronte al Signore.

Ci sono due figli… sì, perché siamo innanzitutto figli: è per tutti la condizione primaria, originaria, fondante il nostro essere. Noi siamo perché siamo figli.

E siamo figli di un unico Padre, come dirà Gesù poco più avanti nel vangelo: “Non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il padre vostro, quello celeste” (Mt 23,9). Paternità altra, anche questa radicale, originale, quella di un Dio che è creatore, che vuole e stabilisce la relazione con le sue creature, che le interpella: “Si rivolse al primo e disse… si rivolse al secondo e disse lo stesso”. C’è un primo figlio e c’è un secondo figlio, ma l’appello è identico per entrambi perché entrambi sono figli amati.

Tutta la Scrittura è attraversata da racconti di figliolanza\fraternità, da Caino e Abele fino alle due coppie di fratelli chiamati da Gesù sulle rive del lago di Galilea, passando per Giuseppe e i suoi fratelli, Giacobbe ed Esaù, Mosè ed Aronne, e tanti altri. E nel brano già citato Gesù non dirà solo che uno solo è il padre nostro, ma anche che noi siamo tutti fratelli.

Ma la risposta a questa paternità e a questa fraternità\sororità può essere molto diversa: un figlio di fronte al padre mette la maschera della irreprensibilità (“Sì signore” dice) ma poi emerge la sua inautenticità (“ma non vi andò”). È uno che dice e non fa, appare in un modo ma poi in realtà agisce diversamente.

L’altro figlio invece sta di fronte al padre nella verità del suo sentire (“non ne ho voglia”) ma esprimendosi con sincerità e schiettezza mette in moto un movimento di presa di consapevolezza di sé che gli permetterà di leggersi e di cambiare atteggiamento: “poi si pentì e vi andò”.

Dopo aver narrato questa parabola Gesù spinge i suoi interlocutori, capi dei sacerdoti e anziani, a tirare loro stessi le conclusioni: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Risposero: il primo” e lui stesso glossa dicendo che solo quando ci si legge in verità, come peccatori, allora si ha un orecchio veramente capace di ascolto e di accoglienza di una parola che ci interpella e ci chiama a conversione, riconoscendo che se il peccato ci ha condotti lontano da Dio, in valli di morte, il suo amore sempre ci cerca e ci attende come figli che ai suoi occhi tali restano.

Invece se ci si nasconde dietro a maschere di irreprensibilità allora davvero difficile è la via di ritorno perché le nostre maschere ci nascondono alla vista degli altri ma ci rendono anche ciechi verso noi stessi, come dirà Gesù nel vangelo di Giovanni: “Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi. Alcuni farisei, che erano con lui, udirono queste cose e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?» Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane.” (Gv 9,39-41).

A noi la scelta se sprecare la nostra vita nel vano tentativo di apparire diversi da quello che siamo, oppure se abbandonarci fiduciosi nelle braccia del Padre riconoscendoci figli sempre peccatori e sempre perdonati dal suo amore che non viene mai meno.

sorella Ilaria


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