Chi va a cavallo pensa come chi va a cavallo
Fra Pietro. La pace sia con voi, fratelli. I frati. E con lo spirito tuo. Messo regale (facendosi decisamente innanzi, compie un profondo inchino). Sono stato incaricato da Sua Maestà re Carlo di mettermi a disposizione di Vostra Santità per ogni occorrenza. Supplico la Santità Vostra di non disdegnare i miei servizi. Ai piedi di questa salita ho già fatto apprestare, per il viaggio di Vostra Santità fino all’Aquila, un magnifico e docile cavallo bianco, tutto bardato di rosso, con un esperto palafreniere. Fra Pietro. Vi ringrazio. Devo però dirvi che la mia cavalcatura preferita, quando la distanza non mi consente di camminare a piedi, è l’asino. (Il messo regale accenna a voler insistere, ma fra Pietro non glielo consente). Beninteso, nutro per il cavallo il massimo rispetto, ma ho le mie ragioni di anteporgli l’asino. Badate, non intendo stabilire una regola, né dare lezioni ad altri. Ma, per ciò che mi riguarda, sento che, se cominciassi a prediligere il cavallo all’asino, le belle vesti di seta al panno ruvido, la tavola riccamente imbandita all’umile desco senza tovaglia, finirei col pensare e sentire come quelli che vanno a cavallo, vivono nei salotti e banchettano. Ora, per conto mio, non penso che un’autorità religiosa abbai assolutamente bisogno di lusso per ispirare rispetto. Comunque, anche nella mia nuova condizione, io non intendo separarmi dal modo di vivere della povera gente , a cui appartengo (Ignazio Silone, L’avventura di un povero cristiano, Mondadori, Milano 2003)