Sovrano nella sua vulnerabilità

 

15 01 30 jollien

Il mio modo di essere, le mie opinioni non nascono forse dalle pieghe della carne? Il corpo influisce sulla mia visione del mondo. Ciascuno pensa sempre con un vissuto, con la propria storia. Anche la personalità più eterea affonda oscure radici nell’esperienza di un corpo, di una carne. Angosce, paure, desideri, convinzioni si radicano nel più profondo dell’essere e traggono origine nel corpo, che conserva la memoria di ogni cosa. L’individuo ottuso, dal comportamento poco lodevole, l’angosciato cronico che si presta al riso forse stanno lottando contro ogni tipo di ostacolo per superare una prova che li ha segnati a vita. Da parte mia, una parte modesta, si tratta semplicemente di proseguire il lungo lavoro che fa del corpo un alleato fedele, un operaio che lavora per la nostra felicità. Spirito nato con un corpo scosso da spasmi, il “vegetale” pensa. Per una curiosa alchimia, il suo corpo malato riesce a produrre idee limpide e a sviluppare uno stato d’animo libero da ogni risentimento. Può così superare la rivolta ed esercitare una libertà che rischia di permettergli di assumere sino in fondo la sua precarietà. Ogni vittoria strappata al determinismo della carne ferita rinforza l’assenso del corpo affidato alle cure d’altri.

Il “vegetale” diventa allora, singolarmente, come una sorgente da cui scaturisce a volte una consolazione anche per chi, nel pieno possesso delle proprie facoltà, ne misconosce il prezzo e il senso. Nulla si oppone a questo assenso più della passività e della rassegnazione. La libertà all’opera partecipa alla lotta, a questa accettazione conquistata a caro prezzo, a questo modo gioioso di “dire sì”. Cosciente della difficoltà della battaglia, ognuno cerca le proprie armi. La più bella consiste senza dubbio nel ridere di sé, nel non prestare il fianco al disprezzo verso la propria debolezza. Vedo ancora quel corpo forzatamente docile, steso, mentre finiscono di lavarlo: lo vedo sovrano nella sua vulnerabilità. Le braccia immobili, le labbra chiuse comunicano la gioia, la speranza e la forza di tutto il corpo. Qualcuno tentava di rispondere con una carezza delicata, percependo fin troppo bene quanto poco del corpo capace di esprimere ciò che nessuna parola riesce mai a dire.

A. Jollien, Il mestiere di uomo, Qiqajon, Bose 2003, pp. 55-56.

CONSIGLIO PER LA LETTURA

A. Jollien, Abbandonarsi alla vita, Qiqajon, Bose, 2013