La compassione apre e disorienta

Photo by Julien de Salaberry on Unsplash
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Gesù sta camminando, quando si getta ai suoi piedi una persona lebbrosa che lo costringe a fermarsi ( cf.Mc 1,40-45). Nella Scrittura (cf. Lv 13-14; Nm 5,1-3) la persona affetta da una malattia della pelle deve stare fuori dall’abitato, perché è pericolosa. Alla malattia si associa uno stigma religioso: è segno del castigo divino (cf. Nm 12,12). È ritenuta impura; toccare consapevolmente una tale persona è peccato (cf. Lv 5,3).

La persona lebbrosa domanda a Gesù: “Se vuoi, puoi purificarmi”. Si affida a Gesù. Questi come reagirà? Niente è scontato; nel suo abbandonarsi il lebbroso accetta il rischio. Gesù può scacciarlo; può rifiutarsi a lui; può procedere non curandosene… Gesù stesso, finché non incontra quest’essere umano che lo supplica non sa nemmeno lui come reagirebbe in una situazione simile. Tutto è nuovo! E tutto sfida...

Un sentimento sconquassa Gesù: fu preso da una compassione viscerale. La compassione lo apre e gli fa accogliere in sé il caos della persona. Sente in quella ferita che condanna alla morte sociale un che di ingiusto e insopportabile. E ora? Avrebbe potuto guarire a distanza con la parola. Invece no, Gesù lo tocca! Trasgredisce consapevolmente la Scrittura. Non bisogna edulcorare il testo. La compassione conduce a un’azione di disobbedienza religiosa. Gesù compie una trasgressione e ne paga il prezzo. Condivide la condizione dell’essere umano; ora è lui a non poter entrare nei villaggi. Scrive Sylvie Germain: “Può portare molto lontano la compassione, molto in alto, molto in basso, soprattutto là dove non si sarebbe voluti andare. Può esiliarci in un territorio sconosciuto, terrificante, obbligarci a commettere l’esatto contrario di quello che, per tutta la vita, ci eravamo applicati a fare con convinzione, con passione. Lungi dal non impegnare a nulla, la vera compassione impegna all’infinito, porta ad affrontare ogni imprevisto, ogni eccesso, ad accettare ogni sfida. La compassione è temeraria, si espone a rischi, li affronta e, di fronte all’urgenza, all’estremo, diventa trasgressiva”.

Grazie alla compassione Gesù supera il proprio contesto sociale e religioso che poneva un confine fra lui e il lebbroso. La compassione apre e disorienta insieme. Il gesto infatti sconvolge credenze e convinzioni. Si può toccare un lebbroso senza essere distrutti o respinti da Dio. Dopo Gesù prega (cf. Lc 5,16), si mette alla presenza del Padre per comprendere quello che è successo e che sconvolge la relazione con Dio in cui è cresciuto. Vuole considerare alla luce della sua relazione con il Padre in che territorio quella persona lo ha fatto accedere e che ora il Padre stesso invita a esplorare. Gli si apre un nuovo mondo in cui saltano le barriere fra noi – sani/normodotati – e loro – malati/disabili -, fra puri e impuri. Grazie all’incontro con quest’essere umano approfondisce l’intuizione che esistono solo esseri umani che si incontrano nella loro singolarità e che c’è da restituire la dignità dell’essere a immagine di Dio a coloro che ne sono deprivati.


Ascoltiamo la canzone Sabri Aleel nell’esecuzione di Mahmood eseguita durante La Notte della Taranta del 2020, arrangiata da Paolo Buonvino, una canzone in cui a un certo punto l’arabo dialoga con il griko cantato dall’Orchestra popolare de La Notte della Taranta