Sintesi dei lavori del 30 maggio

XII Convegno Liturgico Internazionale Bose, 29 30 31 maggio 2014
LITURGIA E COSMO
Fondamenti cosmologici dell'architettura liturgica
Organizzato dal Monastero di Bose 
in collaborazione con l'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici
della Conferenza Episcopale Italiana

SINTESI DEI LAVORI DEL VENERDÌ 30 MAGGIO 

Dopo l’indirizzo di saluto ai presenti da parte di Mons. Gabriele Mana, Vescovo di Biella e Ordinario del luogo, i lavori della mattinata di venerdì 30 maggio si sono aperti con la relazione del Prof. François CASSINGENA-TRÉVEDY , o.s.b., maître de conférences all’Institut catholique de Paris dove insegna liturgia presso l’Institut supérieur de Liturgie, che ha affrontato il tema dell’assunzione e trasfigurazione del cosmo nell’azione liturgica. Prendendo in considerazione i molteplici elementi che costituiscono l’azione liturgica, il relatore ha messo in evidenza come la liturgia cristiana – in profonda contuinuità di sentire con la Scrittura dell’uno e dell’altro Testamento – sia “chiaramente una liturgia cosmica, ma mediante Christo, cioè mediante la centralità del Cristo pasquale”.

Il repertorio gregoriano dei canti per la messa, studiato soprattutto a partire dal tempo di Natale e di Pasqua, come pure i testi liturgici dell’eucologia (le orazioni e i prefazi del Messale) manifestano “una creazione in divenire sacramentale”, in cui la natura – uscita dalle mani del Creatore, si rivela come donata da Dio e ordinata a Dio.

Per questo la liturgia, nata sì in ambito urbano, e “legata al cenacolo, al Tempio, alla domus, cioè all’interno, al dentro, non si svolge, però, e non si può concepire a porte chiuse, in una specie di impermeabilità o indifferenza al fuori, nella sua grandezza e bellezza. A dire il vero, questo fuori le è eminentemente presente; non si limita a circondarla come mero decoro, ma la riguarda come partner, la interessa, rientra nell’ambito della sua cura e responsabilità.

L’introduzione del cosmo, dei suoi elementi e dei suoi regni nel microcosmo liturgico avviene infine in maniera figurativa e simbolica, mediante il ministero dell’arte che manifesta qui tutta la sua vocazione d’istanza mediatrice fra il mondo della natura e quello della liturgia, sia sotto il profilo della sobrietà o sia sotto quello di un’esuberanza festosa, quell’esuberanza della natura stessa di cui sembra partecipare anche la liturgia. Infatti, è in primo luogo mediante la rappresentazione realista o stilizzata che il regno animale e il regno vegetale fanno il loro ingresso nello spazio cultuale, che viene così ad assumere in qualche modo le funzioni dell’arca biblica, destinato anch’esso a “tras-portare” la colonia della creazione terreste al completo verso la sua Terra promessa e il luogo della sua salvezza”. 

In seguito, il Prof. François BŒSPFLUG , o.p., docente emerito di storia delle religioni presso la Faculté de Théologique Catholique de l’Université Marc Bloch de Strasbourg, ha analizzato La figura del Pantocratore e i suoi significati cosmologici nell’arte cristiana, un soggetto ormai scomparso dai cicli iconografici di più recente realizzazione.

La ricerca condotta dal prof. Bœspflug su questo tema gli ha permesso di individuare una decina “di tipi diversi di relazione tra Pantokrátor e kósmos elaborati dall’immaginazione dei pittori nei dodici secoli durante i quali il Pantokrátor ha goduto degli onori dell’arte cristiana”: dal Dio domina il cosmo al Dio topografo-geometra, nell’atto misurare l’universo; dal Dio Pantokrátor-Gubernator, che tiene il mondo creato tra pollice e indice, o che lo sostiene con la palma aperta mantenendolo così nell’esistenza al Dio come gigante, che ingloba e supera le dimensioni del mondo collocato dinanzi a lui.

“L’immaginario recepito e inculturato in senso cristiano presenta il Pantokrátor non soltanto come Creatore del mondo nell’“in principio” e una volta per tutte, ma anche come colui che continua ad alimentare con esso un rapporto di prossimità. Le raffigurazioni monumentali del Pantokrátor, in generale, non fissano lo spettatore ma guardano di fianco, o al di sopra, o al di sotto, come se volessero manifestarne l’eminenza sovrana, oppure risparmiare ai fedeli il terrorizzante incontro con gli occhi del Giudice universale, ma permettendo loro di guardarlo, per incoraggiare la speranza nella sua misericordia. Lo sguardo del Pantokrátor, per colui che vi presta attenzione, è una bella lezione di soteriologia”. 

Nel pomeriggio, il Prof. Salvatore SETTIS , già docente di Archeologia greca e romana presso l’Università di Pisa e la Normale di Pisa, ha proposto una riflessione sulla città. La città ha un’anima: e questa non sono solo i suoi abitanti vivi, ma la tessitura di racconti, ricordi, progetti, trame di vita, relazioni, etc. C’è una città invisibile che cammina con noi, che siamo noi: e questa città invisibile è “un dispositivo della memoria, un ingrediente per il futuro”.

Se la città antica era compatta, conclusa nelle sue mura, era gerarchica (con le sue torre e campanili), con una forma riconoscibile una “verticalità esclamativa”, oggi le metropoli, anzi le megalopoli, hanno reso sfocati i confini della città, ne hanno sfigurato la fisionomia. È l’ora si suonare l’allarme, secondo Settis, perché questo luogo di memoria e di futuro possa essere preservato, senza abbandonarsi ad inutili nostalgie, ma nell’adesione a quella lezione che ci viene dalla storia.

Poi, l’architetto tedesco Muck PETZET , a partire dalla sua esperienza presso lo studio di Herzog & de Meuron (Basilea), e successivamente presso lo studio che ha fondato nel 1993 a Monaco e che dal 2012 guida insieme ad Andreas Ferstl, ha presentato la sua riflessione sullo spirito della materia: i materiali dell’architettura.

Petzet ha presentato alcune trasformazioni di spazi (demolizioni, riadattamenti, riutilizzazione di ambienti per altre finalità), per mostrare come l’architetto non debba infondere il proprio ego nella materia, ma un’anima. Spesso a partire dagli elementi architettonici esistenti, egli è chiamato a riorganizzare gli spazi, ad agire nel rispetto dell’esistente, al fine di pervenire ad una nuova percezione dello spazio stesso.

 Infine, l’architetto bolognese Mario CUCINELLA , Honorary Professor all’Università di Nottingham in Inghilterra e Guest Professor presso la Technische Universitat di Monaco di Baviera, ha delineato una poetica della sostenibilità, sulla base delle sue ricerche e della sua attività che hanno sempre mostrato una particolare attenzione ai temi dell’energia e dell’impatto ambientale degli edifici. “La sostenibilità – ha affermato – non è un’attività accessoria dell’architettura, ma un’attitudine, un’empatia creativa.

Dobbiamo ripartire dalle emozioni, da tutti i sensi di cui siamo portatori, dalla bellezza, dalla materia, dalla luce naturale, dall’aria; sentire, ascoltare i suoni, le sensazioni e su questa base pensare i nostri luoghi dell’abitare. Dobbiamo tornare ad ascoltare i luoghi e le persone, dobbiamo utilizzare il nostro talento e sensibilità per capire prima di agire. Troppo spesso la inutile velocità non dà scampo all’ascolto, considerato una perdita di tempo.

Gli edifici sono immobili, ma viaggiano nella memoria, nella storia degli uomini, ci fanno capire il nostro tempo, il tempo in cui viviamo che domani sarà a sua volta storia, e nel costruire oggi dobbiamo riprendere questa consapevolezza che in un tempo futuro quell’azione farà parte della nostra storia di uomini. La poetica della sostenibilità è questo tornare ad un nuovo dialogo con i sensi, con i luoghi e con le persone”. Cucinella ha concluso la sua esposizione presentando il suo progetto per la chiesa di Santa Maria Goretti (Mormanno, CS).