La tentazione dell’individualismo

Fratelli, sorelle,
nel capitolo sull’ubbidienza, nella nostra Regola sta scritto:

“Senza unità di spirito, non c’è servizio audace e totale di Gesù Cristo. L’individualismo disgrega e arresta la vita della comunità nel suo cammino”
(RBo 26).

Viene qui ricordato un male antico e sempre nuovo della vita monastica, un male grave: quell’individualismo che porta all’idioritmia, al comportarsi come se gli altri non esistessero, come se noi fossimo regola a noi stessi, la misura e il centro di tutto. Più volgarmente, che porta al fare i propri comodi. Giustamente la Regola ricorda che questo atteggiamento costituisce una ferita, un grave vulnus portato alla comunità: esso disgrega e blocca la vita comunitaria. L’individualismo si manifesta in comportamenti che non accettano di sottomettersi e stare all’interno di una misura comune, perché non ci si sente più parte di un corpo o non se ne vuole fare parte esprimendo così il proprio disaccordo. La potenza dell’atteggiamento individualista risiede a volte in privilegi che qualcuno col tempo ha guadagnato e a cui non intende rinunciare, in esenzioni da compiti comunitari che nel tempo si sono consolidate e che garantiscono un vivere più comodo, in atteggiamenti di cui non si rende conto a nessuno, in una presenza tolta a piacimento a momenti comunitari senza giustificazioni credibili.

Ma tutto questo non è solo contro l’obbedienza, ma anche contro la carità, contro i fratelli e le sorelle, e produce ingiustizia, manifesta disprezzo, sensi di superiorità e si esprime spesso anche con parole ispirate a sufficienza e mancanza di rispetto verso gli altri. Soprattutto il passare degli anni, con abitudini incistate, con rapporti che sembrano inscindibili, con comportamenti che non accettano di mutare, possono creare atteggiamenti di questo tipo, che normalmente proprio i più giovani immediatamente vedono e colgono. E si stupiscono O anche si scandalizzano.
Tutti subiamo questa tentazione che forse papa Francesco chiamerebbe della comodità, del non essere scomodato nel proprio quieto vivere e nei propri piccoli privilegi. Ma la conversione resta una bella parola se non passa attraverso il cambiamento di abitudini, di atteggiamenti quotidiani che invece di costruire, disgregano o arrestano la vita comune.

Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede lottando contro la tentazione dell’individualismo. E tu, Signore, abbi pietà di noi.

fratel Luciano