Le Conversazioni di Malines

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Il 15 dicembre 2021, in occasione del centenario delle “Conversazioni di Malines”, il “Gruppo Conversazioni di Malines”, gruppo ecumenico informale di teologi cattolici e anglicani che si incontra regolarmente dal 2013, ha pubblicato il documento “Sorores in spe. Sorelle nella speranza della risurrezione: una nuova risposta alla condanna degli ordini anglicani” (1986), pubblicato in “Il Regno – Documenti” 3/2022. A ricordare l’importanza delle “Conversazioni di Malines” riprendiamo l’introduzione del card. +Josef De Kesel, arcivescovo di Mechelen/Bruxelles, al volume di Rowan Williams, “The Malines Conversations. The Beginnings of the Anglican-Roman Catholic Dialogue”, Paulist Press 2021.

Le “Conversazioni di Malines” rappresentano un evento unico nella storia della Chiesa del XX secolo. Negli anni ‘20, alcuni importanti studiosi anglicani e cattolici, informate le rispettive autorità ecclesiastiche, avviarono un dialogo in una stagione in cui ciò non era affatto scontato. Intendevano discutere una serie di questioni cruciali che rendevano difficile l'unità tra le due comunità, come il ministero petrino del papa e la natura delle definizioni dogmatiche. Molti di quei temi sono ancora attuali, specialmente nel contesto dell'ecumenismo.

Il cardinale Désiré-Joseph Mercier, arcivescovo di Malines-Bruxelles dal 1906 fino alla sua morte nel 1926, fu un entusiasta sostenitore delle “Conversazioni di Malines”. Non solo mostrò un grande interesse personale per le questioni discusse, ma fece anche da padrone di casa. Inoltre, aveva consultato informalmente papa Benedetto XV in merito a questa meravigliosa iniziativa. I partecipanti anglicani sapevano di avere l'appoggio degli arcivescovi di Canterbury e di York.

Le “Conversazioni di Malines” sono molto più di un episodio affascinante nella storia dell’ecumenismo. Sono anche più di un gradito scorcio dell’impegno per l’unità tra i cristiani in un’epoca che a volte è erroneamente associata alla rigidità o alla mancanza di creatività. Forse le “Conversazioni di Malines” possono essere viste come un esempio di ciò che in inglese si chiama così splendidamente serendipity. Da un insieme di circostanze e fattori, che sono in gran parte accidentali, emerge qualcosa di significativo che, tuttavia, per essere riconosciuto richiede un’apertura speciale.

Le “Conversazioni di Malines” meritano di essere studiate, non solo in ambito accademico, ma da parte di chiunque abbia a cuore l’unità delle Chiese cristiane: meritano di essere ricordate a un livello più profondo e spirituale, così da iscriverle con più forza nella nostra memoria collettiva. Sono infatti per diversi aspetti una fonte di ispirazione alla quale possiamo attingere per rinfrescarci. Faremmo bene a interiorizzare lo “spirito” delle “Conversazioni di Malines”, usando il loro svolgimento come punto di riferimento per gli incontri di ogni tipo e per la nostra vita nella Chiesa. In breve, dovremmo averne cura per diverse ragioni.

C'è, naturalmente, il legame con Mechelen stessa, la città e l'arcidiocesi, e quindi con la provincia della Chiesa belga nel suo insieme. Dobbiamo essere consapevoli che ciò che è avvenuto nel contesto belga è stato veramente un dono alla Chiesa universale. Questa presa di coscienza non deve certo dar luogo a una vanità fuori luogo, ma non c'è nulla di male nello stare con un certo inevitabile orgoglio all'interno del flusso di ciò che è stato concepito e realizzato all'epoca. Questo implica la volontà di cogliere un'opportunità quando si presenta, se così facendo si può progredire nel cammino. In altre parole, significa essere ricettivi alla grazia, all'intuizione che si sviluppa non attraverso il mero sforzo personale e il merito, ma nel dialogo paziente.

I protagonisti delle “Conversazioni di Malines” sapevano di partecipare a qualcosa di eccezionale. Soprattutto, desideravano una trasformazione profonda che avvicinasse i cristiani nonostante le divisioni storiche e le barriere teologiche. Non c'è dubbio che molte persone di buona volontà possono sottoscrivere questa speranza oggi. Il sogno che i cristiani possano fare qualcosa di reale per unire le persone oggi non è affatto un'illusione di un'epoca passata. È una chiamata a cui tutti dobbiamo impegnarci ogni giorno.

Le “Conversazioni di Malines” rivelano anche qualcosa di importante sull’amicizia. L’amicizia è più del rispetto, ma non può esistere senza di esso. È anche più della lealtà e della fedeltà, e più dei reciproci sentimenti di affetto. Ma di nuovo, l’amicizia non può fare a meno di questi aspetti, e può persino trovare un’eccellente espressione in essi. L’amicizia è però anche impegno personale e fede negli stessi ideali. In questo senso, forse ancor più che in altri ambiti, possiamo imparare dalle “Conversazioni di Malines”. Il contenuto delle discussioni di quell’epoca è talvolta superato, così come le formulazioni usate nei dibattiti, ma ciò che rimane è un profondo impegno per l’ecumenismo cristiano basato su legami personali di amicizia. Una tale testimonianza può fare molto bene sia alla Chiesa che al mondo di oggi, animando coloro che condividono questo profondo desiderio e che si associano alla continua preghiera di nostro Signore, “che siano tutti una cosa sola”.

card. +Josef De Kesel

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