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La speranza di un mondo salvato: conversione e azione quotidiana

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   Bose, agosto 2006
con Luciano Manicardi, monaco di Bose
e Roberto Mancini, Macerata

CD mp3 disponibile contattando Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


Bose, un momento di festa al corso giovani agosto 2006

... echi di giovani alla collatio con Enzo Bianchi del 25 agosto 2006...

La fede è un dono e non è per tutti, ma l'umanità è per tutti, la realtà è di tutti... questo ci accomuna. Almeno una ventina dei giovani che erano con me in settimana, parlando, mi hanno detto che non credono, non vanno in parrocchia, non vivono una realtà di fede... eppure scelgono di passare una settimana della loro estate in monastero per un confronto sul come vivere questa umanità che ci ospita. Non me l'aspettavo e mi ha colpito...



giovani al corso di agosto 2006

....diventare immagine di Dio vuol dire diventare davvero uomo. Questa intrigante questione mi affascina molto; altro che ideologizzazioni su un Dio svolazzante con la bacchetta magica che mi organizza la vita!

Un'altra cosa che mi ha colpito è la franchezza con cui Enzo si esprimeva... come a dire che l'evangelo ti rende libero, capace di leggere la realtà con sguardo intelligente. Il non farsi guidare nel parlare e nell'agire dalla logica del “faccio dico così per paura che...” ma da un desiderio di verità che è anche libero sguardo critico.

Enzo ha detto che la funzione della Chiesa è indicare, dire “Là c'è Gesù, ascoltate lui”. Questo modo tipo Giovanni il Battista che indica, che dice “Non me, lui”, mi sembra che non sia quello che nella chiesa va per la maggiore. Mi sembra che la chiesa stia cercando sempre più di proporsi come identità forte, con un criterio di dentro-fuori... questo chiude orizzonti, offre sicurezza ma in cambio di libertà...

... una delle ultime cose che sono uscite dal nostro dialogo:

“Gesù non è risorto perché è figlio di Dio, ma perché la sua vita è stata totalmente amore”.

Ecco questa cosa, se uno la prende sul serio... caspita che roba! Ecco perché vale la pena giocarsi su questa cosa, ecco perché vale la pena vivere una passione per l'umanità vera.

La chiamata a seguire Gesù

Bose, 8 -10 dicembre 2006

Mc 10, 17-22
con Luciano Manicardi, monaco di Bose

Marco ci presenta anzitutto questa persona (“un tale”) come anonimo, come un uomo in ricerca della propria identità, mosso da un desiderio di senso. La sua sete e la sua ricerca sono urgenti e si esprimono nel suo correre da Gesù e nella domanda «che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».

La risposta di Gesù sposta l’attenzione dal fare all’essere, dalle prestazioni alla relazione.

Avviene un incontro e qui si gioca la libertà e responsabilità dell’uomo. Lo sguardo di amore di Gesù è seguito da una proposta di vita: trova la tua identità nella relazione con me, abbandona le ricchezze e affronta il rischio dell’amore.

Ma la paura ha la meglio: i beni danno sicurezza, la persona e la parola di Gesù aprono una prospettiva troppo rischiosa, non ci sarà mai una certezza nella scelta… e l’andare via è anche un tornare indietro, regredire.

Prendere sul serio lo sguardo d’amore di Gesù è comprendere di essere amati, di poter farsi soggetti della propria vita, di poter mostrare la propria libertà scegliendo, di poter donare e osare il proprio futuro…

L'uomo che cammina

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Bose, 27 dicembre 2006 - 1°gennaio 2007

Da Abramo a Gesù di Nazareth,
camminare con Dio
nell’Antico e nel Nuovo Testamento

con Enzo Bianchi, priore di Bose
Lisa Cremaschi
e Luciano Manicardi, monaci di Bose

Abramo e Lot: due modi di camminare

L'itinerario geografico è identico, quello spirituale completamente diverso.
Abramo fa memoria, ricorda; in altri termini ha un terreno nel quale affondare le proprie radici. E Abramo ringrazia, riconosce di fronte a sé qualcuno che gli ha fatto un dono.
Lot non costruisce altari, non ha memoria del passato - così come, del resto, non si sente oggetto di una promessa riguardo al futuro -; Lot non ritiene di dover ringraziare nessuno.

Sono due modi di stare nell'esistenza. Abramo, il padre della fede, si sente inviato dentro la vita, percepisce la sua esistenza come un dono del quale ringraziare. In questa prospettiva l'essere nati in un luogo determinato, in un tempo determinato, dal tal padre e dalla tal madre non è irrilevante. Attraverso le umane mediazioni, si giunge a riconoscere nella fede che Qualcuno mi ha voluto - proprio me! -, mi ha inviato dentro la trama della storia per diventare una parabola del suo amore. Lot che non sa dire «grazie», che non sa riconoscere alcun dono, nè alcuna presenza d'amore davanti a sé o dietro di sé, mi pare esemplificazione di una vita trascorsa nella logica dell'attimo, del caso, del fortuito.

 

O Cristiano dove corri?
Il cielo è in te;
perchè dunque lo cerchi
ad un altra porta?

Angelo Silesio, Il pellegrino cherubico, Paoline, Cinisello Balsamo 1989, p.158