Spiritual struggle for church unity
In una visione più ampia l’occidente è l’occidente e l’oriente è l’oriente. Essi possono e devono incontrarsi in Cristo senza perdere la propria inculturazione. Non è desiderabile che la sobrietà liturgica degli occidentali sparisca per acquisire la gloria di Bisanzio. Dobbiamo lottare perché la chiesa romana custodisca il suo senso dell’ordine gerarchico. Dobbiamo cogliere come il Signore abbellisca la chiesa romana. Dobbiamo divenire sensibili alla sua grande pietà, alla serietà del suo approccio alla storia e alla cultura, alla sua volontà molto forte di trovare religiosi e presbiteri. Niente nella cultura che essa vive sfugge all’analisi della fede.
Non possiamo nemmeno ignorare quello di cui il Signore ha dotato le chiese uscite dalla Riforma. Vivere della parola di Dio mostra in modo manifesto l’amore che i protestanti hanno mantenuto per la persona di Gesù. Questa costante preoccupazione di studiare la Bibbia è un lascito per tutti noi. La chiesa dei padri fu ugualmente biblica e liturgica. Qui si impone la correzione fraterna.
Riprendo Paolo che tante volte parla della preghiera per la chiesa e le chiese. “In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi” (Ef 6,18). Affida chiaramente tutti i fedeli gli uni gli altri. L’apostolo affida il proprio ministero ai cristiani di Colossi. Scrive loro: “Perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie. Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo. Per questo mi trovo in prigione” (Col 4,2-3). L’annuncio, la fecondità, l’intelligenza della parola sono dovuti in parte al sostegno dei fedeli coinvolti nella propagazione del vangelo tra di loro, tra gli altri e nella missione. Tutti i missionari comprendevano che la riuscita del loro compito dipendeva in una grande misura dalle preghiere della chiesa che li aveva inviati. Avevano il sentimento che l’intera chiesa, uscendo dai suoi limiti geografici, annunciasse il vangelo in terra di missione. E i fatti mostrano che il vangelo è stato accolto più profondamente all’estero nella misura in cui era fedele la chiesa che inviava i missionari.
Quando una comunità apprende che un’altra è nell’afflizione, salgono delle preghiere vigilanti per le sorelle e i fratelli colpiti da prove fisiche o morali. È l’espressione diretta della koinonia. Testimonia questo aspetto comunionale anche la confessione di alcuni cristiani di vivere spiritualmente delle preghiere promesse loro da amici. Dei fratelli mi hanno confidato di aver ritrovato la salute grazie ai legami spirituali che gli sono noti.
Quando nel grande ingresso il patriarca commemora i suoi confratelli che presiedono le altre chiese o quando lo fa il diacono secondo un’altra usanza abbiamo qui l’immagine verbale dell’unità della chiesa. Al di là della dichiarazione, la concelebrazione in cui viviamo un’autentica unità eucaristica è garanzia del mantenimento dell’unità ecclesiale in tutte le sue dimensioni.
Malgrado lo splendore dell’eucaristia e, riprendendo l’espressione della liturgia dopo l’anafora, malgrado il suo essere la perfezione o il compimento del Regno, il tesoro rimane in vasi d’argilla. La fragilità degli uomini nasconde il mistero. I conflitti nella chiesa sono di ogni epoca, perché non è vero che tutti i fedeli hanno la tensione alla santità. Se la gloria non è ancora qui, se la theosis non trasfigura di continuo la comunità, non custodiamo il tesoro e manifestiamo la nostra natura di vaso d’argilla. Già dagli albori della chiesa di Corinto Paolo parla di divisioni e litigi in essa. L’apostolo dichiara che i fedeli vivono relazioni di lealtà con persone diverse. “Io sono di Paolo. Io invece sono di Apollo. Io invece di Cefa. E io di Cristo” (1Cor 1,12). Nelle chiese ortodosse dove il popolo di Dio ha una parola da dire nell’elezione del vescovo, si conoscono i candidati alcuni dei quali cercano di manifestare la loro popolarità o l’alimentano. Spesso vi sono delle tensioni nel sinodo prima del voto. Prima dell’elezione del patriarca vi è spesso un’autentica crisi. Talvolta prosegue in sordina. La chiesa appare come un’assemblea di ordine sociologico.