A Spiritual Contemporary Father

LA RESPONSABILITA’ CRISTIANA NON CONOSCE FRONTIERE

Come presbitero - e più tardi come vescovo – si sentiva responsabile nei confronti di tutti coloro che incontrava sulla sua strada. Senza nessuna eccezione. Non era uno di quelli che investono se stessi soltanto per coloro che gli sono stati affidati ma sapeva rendersi utile per tutte le persone che incontrava. Negli anni in cui era un giovane presbitero ad Anversa, dovette confrontarsi con la dura realtà della vita nel porto e attorno al porto. Egli sentiva la necessità di lavorare con i suoi confratelli, cappellani delle altre chiese cristiane, e di consultarli regolarmente. Per lui non era concepibile che i marinai fossero avvicinati disgiuntamente mentre, ben presto, sarebbero tutti partiti per lunghi mesi vivendo insieme sulla stessa nave. Fu l’ideatore di quella piattaforma ecumenica che si riuniva presso la sua residenza. Io mi ricordo come, molto spesso, egli parlava, “quasi come un bambino” , delle ghiottonerie culinarie con le quali sua madre accoglieva i suoi colleghi. A volta gli succedeva di cercare – accompagnato da sua madre – di fare capire a delle giovani donne che si prostituivano, quali indegnità infliggevano a se stesse. Simile iniziative alquanto “audaci” caratterizzavano bene Monsignor Emilianos! Perché si, “la responsabilità cristiana” non conosce frontiere. Non si occupava soltanto di ciò che è suo, dimenticando tutto ciò che non lo è. La responsabilità cristiana si nutre di amore ed ha come unica ragione e scopo l’interezza del corpo ecclesiologico sociale, con tutte le sue necessità.

UN UOMO DI FIDUCIA E DI DIALOGO

Una saggezza cristiana tutta fatta di semplicità ha fatto di lui l’uomo del dialogo e della fiducia. Non soltanto numerosi fedeli ortodossi ma anche presbiteri e pastori si appellavano alla sua capacità di ascoltare, chiedendogli consigli e aprendogli il proprio cuore.

Monsignor Emilianos è stato anche un vero padre spirituale per le migliaia di giovani greci giunti in Belgio per lavorare duramente nelle miniere di carbone. Durante la terribile catastrofe mineraria del 1956 di Marcinelle, egli organizzò – con lo stesso stile di collaborazione ecumenica di Anversa – con i suoi confratelli delle Chiese sorelle, una sorta di “centro di crisi inter-pastorale”. Come avrebbe potuto occuparsi soltanto delle sue “pecorelle” greche ?... Il dolore era lo stesso per tutti ! Ogni sera teneva una riunione per aiutare, per quanto possibile, le persone moralmente e materialmente. Egli capì rapidamente che il lavoro pastorale con i minatori superava le capacità di un uomo solo e chiese rinforzi al Patriarca Ecumenico Athenagoras. Poco tempo dopo (1956-1957) ricevette, come vicario episcopale, alcuni giovani preti fra i quali si trovava il giovane Pantéléimon Kontogiannis, oggi Metropolita in Belgio. Accompagnò quest’ultimo fino a Mons e, una volta arrivati alla stazione, gli consegnò una valigia di cartone che conteneva dei vasi liturgici, un evangeliario, un antimansion e un abito liturgico dicendogli : “Ecco la tua parrocchia”, mostrandogli la città di Mons! Egli metteva a confronto i suoi giovani assistenti con la dura realtà ma non li piantava in asso mai. Teneva anche con loro delle riunioni che avevano come obiettivo l’ottimizzazione del lavoro pastorale presso i giovani emigranti.

Cosa del tutto impensabile al giorno d’oggi nel contesto europeo in cui viviamo. Mons. Emilianos era un uomo di fiducia e di dialogo; un uomo assennato, aperto e tollerante ; un uomo di responsabilità.

Furono queste qualità che fecero di lui la scelta giusta come Rappresentante permanente del Patriarcato Ecumenico presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra. Egli aveva una visione molto più ampia di questo ruolo ! Per lui, non si trattava semplicemente di fare da tramite tra due organismi e di fare conoscere, a tutti i livelli, il punto di vista ortodosso. Accanto all’utile lavoro per una buona e mutua comprensione tra i Protestanti e gli Ortodossi, egli vedeva anche la necessità di informare le Chiese Ortodosse locali sul pensiero ecumenico. Molti Paesi ortodossi vivevano sotto il giogo comunista e non avevano né la libertà né la possibilità di stabilire contatti con le altre chiese cristiane. Ed è cosi che il metropolita Emiliano divenne la persona che, nel 1961, negoziò l’adesione del Patriarcato di Mosca al COE. Nei suoi contatti con i fratelli e le sorelle cattolico-romani, egli amava dire che cosa aveva, a sua volta, ricevuto da loro : l’amicizia e la rettitudine.

“ HO UN SOGNO”

Monsignor Emilianos era una persona onesta nei suoi colloqui e spesso diceva ai Cristiani ortodossi ciò che potevano imparare dalle Chiese sorelle. Malgrado il suo amore per la tradizione liturgica della Chiesa ortodossa, egli sapeva essere critico e sottolineava la semplicità e l’essenza custodita nella liturgia in Occidente. Non era un grande sostenitore delle numerose ripetizioni e dello stile sfarzoso delle liturgie pontificali ortodosse e non riusciva a capire come mai, in tante chiese, i fedeli rimanevano passivi durante la liturgia quando, in origine, il popolo celebrava, nella lingua popolare dell’epoca, la liturgia. Egli era un grande sostenitore dell’assunzione regolare della Santa Comunione come “Dono di Dio”.

Benché non si trovò mai veramente a capo di una diocesi, egli si interessava molto ai problemi e ai temi pastorali. Molti dei suoi studi erano infatti dedicati ad argomenti quali: la vita sacramentale, la confessione, l’eucaristia, la parrocchia, il matrimonio, l’ascesi, i bambini… Sapeva spiegare e discernere l’essenziale del formale.

Mi ha spesso raccontato che accarezzava un grande sogno: la creazione di un Centro di Incontro, in Grecia, dove avrebbe potuto lavorare per l’unità dei Cristiani. Sapeva, certo, che ai giorni nostri, in Grecia, “l’ecumenismo” rimane un argomento difficile e ne soffriva. Ma qui, a Bose, si rallegrava dei contatti ecumenici e del dialogo che, piano, piano, prendeva corpo. Egli teneva in modo particolare al dialogo tra monaci e monache dell’Oriente e dell’Occidente ed è per questo che, con il sacerdote spagnolo Don Julian Hernando (anche lui ci ha lasciato quest’anno), creò nel 1970 una Associazione Internazionale di Incontro dei Religiosi (EIIR). Circa dieci anni fa, mi chiese di continuare la sua opera in questa diaconia, cosa che ho fatto con tutto il cuore.

Spesso mi chiedeva anche di erigere un piccolo monastero ortodosso che sarebbe stato, in Belgio, un vero “faro” per la spiritualità e per i contatti ecumenici. Non sono in grado di contare tutte le lettere che mi ha scritto, lettere manoscritte, piene di consigli e di incoraggiamenti… L’ultima volta che ho avuto l’occasione di intrattenermi con lui, è stato qui, in questo santo Monastero, pochi giorni prima della sua dipartita da questo mondo sapeva che era giunta la sua ora ed è per questo che egli volle, a tutti i costi, trascorrere un po’ di tempo con fratel Enzo e la sua Comunità ed intrattenersi con loro. Rendiamo grazie a Dio per tutto ciò che abbiamo potuto ricevere da lui.