Annata 2014: Italia senza olio

 

Da "Il Fatto quotidiano" di lunedì 10 novembre 2014

"Più lacrime che olio": il 2014 verrà ricordato come l'annata peggiore della storia per la raccolta delle olive. E come l'anno in cui, forse, pagheremo di più il nostro amato extravergine. Il maltempo e la mosca olearia hanno messo in croce la produzione, che in alcune parti d'Italia è calata anche dell'80%. Con effetto immediato sui prezzi, che hanno subito una forte impennata (solo a Bari si è registrato un aumento del 38%). E chi va al supermercato a comprare l'olio dovrà fare molta attenzione: secondo Coldiretti, "il mercato rischia l'invasione delle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza".

L'Italia, rischia, insomma, di "rimanere senza olio". O meglio, di vederne compromessa qualità e quantità, con un effetto disastroso sull'export. "L'industria olearia - riporta il Fatto Quotidiano - vale oggi, e solo per l'export, oltre 1 miliardo di euro, con un fatturato diretto vicino ai 2,5 miliardi, a cui vanno sommati gli oltre 700 milioni dell'indotto, al netto dell'acquisto della materia prima". Ma il problema riguarda anche la Spagna, dove i raccolti quest'anno sono dimezzati: "La produzione mondiale dovrebbe scendere del 17% a 2,9 milioni di tonnellate e gli effetti si faranno sentire sul mercato con un forte balzo dei prezzi dell'extravergine: negli ultimi 12 mesi i futures sull'olio d'oliva vergine scambiati a Jean, in Spagna, hanno registrato un'impennata del 17% mentre alla Camera di Commercio di Bari si rilevano quotazioni superiori al 38%", spiega Coldiretti.

"La cifra del dramma (agricolo) la dà Ettore, minuscolo produttore toscano, circa 500 ulivi il suo tesoro da condividere con famiglia e amici - si legge sul Fatto - 'Quest'anno ho versato più lacrime che gocce di olio'. Non scherza. Non è un paradosso o un'esagerazione: è realtà. Come Ettore, altre centinaia di piccoli, medi o grandi produttori hanno vissuto, e stanno vivendo la peggior annata della storia, o meglio 'la peggior annata che la storia ricordi'. In un paese come l'Italia, primo esportatore al mondo di olio, la produzione è crollata del 50 e passa per cento, con regioni come l'Umbria, la Toscana e la Liguria funestate, piante inutilizzabili, olive annerite al momento della raccolta".

E c'è anche chi, per mantenere inalterata la qualità, ha deciso di lasciare le olive sull'albero e di non raccoglierle: "Non potevamo garantire il nostro livello, quindi meglio niente, vendiamo quel che resta della scorsa stagione", racconta Filippo Chiocchini, patron dell'azienda "Podere poggio del sole" al Fatto Quotidiano. Così la pensa anche David Di Rienzo, proprietario di un frantoio in Toscana: "Da duemila litri siamo passati a poco più di 200, ma quest'anno non abbiamo raccolto, abbiamo piuttosto cercato le olive sane. Mai vissuta una situazione del genere, è uscito un prodotto scadente, nonostante sia appena spremuto sembra già vecchio di tre anni, ha poca fragranza, un sapore che non è il suo".

Se l'olio è irrinunciabile per molti italiani e se tanti lo pretendono di qualità, bisognerà fare molta più attenzione alle etichette: "L'olio non si può alterare vista la sua lavorazione a freddo ma ha un vantaggio per i grandi produttori - spiega Chiocchini al Fatto - diventa difficilmente tossico, è quasi impossibile che possa far male, al massimo è cattivo, nulla di più". Perfetto, dunque, per un mix che farà pure bene al portafogli, ma sicuramente meno al palato. Diffidare dunque delle grandi offerte, visto che "di base" costa 13 euro al litro, tra raccolta, lavorazione, imbottigliamento e distribuzione. "E magari trovi anche le offerte nella grande distribuzione con 5 litri a neanche 12 euro, assurdo!", dice Chiocchini.