Spiritual Paternity and Contemporary World

Ha tuttavia un dono particolare, che potrebbe spiegare, almeno parzialmente, il suo ‘segreto’ spirituale (benché la parola ‘segreto’ non conviene affatto nel suo caso). Chi lo lascia parte con la convinzione che i suoi peccati sono rimessi. E questo accade perché lui stesso è fermamente convinto di aver assunto dinanzi a Dio la responsabilità del peccato al posto dell’altro. In qualche modo, rimane lui debitore dinanzi a Dio al posto dell’altro. Un monaco diceva: ‘Il padre Paisij porta i peccati di tutti gli uomini’. Questo spiega il suo stato permanente di penitente. Molti presbiteri del suo monastero, e altri che si sono avvicinati a lui, sono giunti a sentire la stessa responsabilità e avevano paura di confessare, pensandosi troppo deboli per portare i peccati degli altri e per riscattarli dalla loro vita.

La maggior parte dei visitatori del padre Paisij venivano per confessarsi. Certo, egli parla in modo amichevole con tutti i turisti, ma con i fedeli il dialogo assume la forma liturgica del sacramento. Sente di dover sempre tenersi nel sacro per comunicare agli altri il senso del sacro. Anche quando riceve persone che vengono senza intenzione di confessarsi, finge di essersi dimenticato di togliersi la stola per poter parlare loro come presbitero e nella funzione del suo ufficio sacro.

È un uomo di grande e autentica umiltà, che non è affatto colpito dalla sua popolarità perché non le presta attenzione. Al contrario, guarda con attenzione il dolore di chi viene con la speranza di essere guarito. Tutto quel che dona, lo riceve da Dio. È Dio a perdonare e a ispirare le soluzioni. Ma egli non parla di questa convinzione. D’altronde non è necessario, perché lo si vede e lo si sente”.

L’archimandrita Ioanichie Balan (morto nel 2007) del monastero di Sihastria, che si può chiamare l’Optina di Romania, nel 1980 ci diede un grande Paterikon rumeno con trecento Vite ed insegnamenti dei grandi spirituali, uomini e donne, conosciuti nella storia della chiesa ortodossa in Romania. Nella seconda metà del xx secolo, dunque dal 1950 al 1980, enumera 31 spirituali con le loro vite e insegnamenti, tutti morti in questo periodo.

Lo stesso padre Ioanichie nel 1984 ci diede anche due volumi, di circa 1500 pagine, contenenti dialoghi spirituali con quasi 100 grandi spirituali, quasi tutti oggi addormentatisi nel Signore. Questi dialoghi contengono un’enorme ricchezza di sapienza nello spirito della Tradizione, facendo sempre riferimento alle realtà di oggi. Fu un vero miracolo che questi libri del padre Ioanichie poterono vedere la luce all’epoca della dittatura comunista. D’altronde si deve dire che non fu tanto la chiesa ufficiale che mantenne la fede in Romania durante l’epoca comunista ma proprio questi spirituali ai quali accorreva il popolo nei suoi bisogni e nei suoi dispiaceri. Infatti, il monachesimo in Romania è sempre stato aperto ai fedeli che trovavano nei monaci il perdono dei peccati nel sacramento della confessione, aiuto spirituale per mezzo della preghiera, della consolazione, dell’insegnamento…

Quando sostenevo la mia tesi sulla Tradizione esicasta nei paesi romeni nel 1985 all’Istituto Saint-Serge, il professor Olivier Clément – caro a tutti noi che siamo qui – diceva: “Si ha davvero l’impressione di una civiltà monastica: non un monachesimo che si sarebbe costituito come una specie di mondo in sé, quel che ha potuto essere la tentazione in Cappadocia, sul Monte Olimpo in Asia o sul Monte Athos, ma un monachesimo come fermento veramente in osmosi con un popolo e che ha ispirato tutta una cultura”.

Ma cosa resta oggi di questa fioritura monastica dovuta a tali padri spirituali, che riposano tutti nel Signore, tranne qualche eccezione? Penso molto poco. Viviamo oggi in Romania una crisi molto grande non solo della vita monastica ma della vita della chiesa in generale, dovuta proprio alla mancanza di padri spirituali. Durante una dozzina di anni, dopo la caduta del comunismo, abbiamo conosciuto una vera esplosione della vita monastica per quel che riguarda il numero delle vocazioni e dei nuovi monasteri e delle skiti. Nell’entusiasmo generale, dopo 45 anni di regime ateo, molti vescovi, presbiteri e anche laici volevano costruire un monastero o almeno una skiti. Così il numero dei monasteri e delle skiti è salito vertiginosamente: da 114 a 600 e il numero dei monaci e delle monache da 1500 a 7500. Ma oggi si rivela sempre di più che questo entusiasmo, per quanto sincero, non ha avuto un fondamento realistico. Infatti, non si può edificare un’autentica comunità soltanto con giovani senza alcuna esperienza della vita monastica come era il caso della maggior parte di questi nuovi monasteri e skiti. Non è allora sorprendente vedere come si accresce sempre di più l’instabilità di questi giovani e che alcuni persino lasciano la vita monastica e ritornano nel mondo. A questa instabilità – e da qualche anno anche una mancanza dolorosa di vocazioni – contribuisce anche lo spirito di questo mondo che invade sempre di più i monasteri. Molti visitatori dei nostri monasteri non sono più i credenti devoti in cerca di preghiera e di aiuto spirituale, ma turisti, nonostante il popolo fedele accorra anche lui in gran numero verso i monasteri.