Message de Rowan Williams, Archevêque de Canterbury
Ora, Hooker possedeva una dottrina molto elevata del semplice effetto di leggere la Bibbia nella liturgia. Rispondendo ancora una volta ai suoi oppositori, i protestanti estremisti che avevano criticato lui e altri per non dare sufficiente enfasi alla predicazione, egli insiste che solo la Bibbia comunica vita. Il testo in sé incide in noi ciò che è necessario per la vita eterna, ancor prima che qualsiasi predicatore abbia aperto la bocca; infatti nella chiesa primitiva – dice Hooker – solo la lettura della Scrittura era chiamata ‘predicazione’. Hooker desidera che la Scrittura si stagli nella sua unicità, nella realtà cui essa appartiene, cioè nella vita di una reale assemblea liturgica, che al contempo ascolta la Scrittura, canta i Salmi e prega. Attenti – egli dice – a separare la lettura della Bibbia da tutto ciò, come fanno alcune chiese europee lodate dai suoi oppositori: ‘La lettura della Scrittura nella Chiesa – dice – è parte della liturgia della nostra Chiesa, una porzione particolare della nostra preghiera liturgica a Dio’. Su questa base potremmo dire che la lettura della Bibbia è un aspetto dell’offerta di noi stessi a Dio nella preghiera: noi ascoltiamo la Bibbia letta così da poter essere aperti alla chiamata di Dio al pentimento e alla sua promessa di vita eterna.
Alcuni anni dopo, l’arcivescovo Lancelot Andrews fu uno di quelli più coinvolti nel progetto e nella realizzazione della nuova traduzione delle Scritture nel 1611 (di cui celebriamo quest’anno il quattrocentesimo anniversario). In un’omelia di Pentecoste del 1606 egli parla dello Spirito come abitualmente presente nell’insieme della Chiesa e dunque cagione di unità nella molteplicità, unità che rende possibile alle diverse lingue umane – sia all’interno delle Scritture sia tra i suoi lettori – di pronunciare la verità univoce, ‘con una sola voce’. Lo Spirito è compreso qui in modo assai comune come ciò che unisce gli elementi della Scrittura così come unisce altresì i lettori e rende possibile una vita di discepolato ‘unitaria’.
Se comprendiamo la lettura delle Scritture come qualcosa realizzato sempre nel contesto della Chiesa nel suo insieme (e non innanzitutto come un esercizio privato o individuale), allora la comprendiamo come un’attività in cui lo Spirito, all’interno e attraverso l’intero corpo di Cristo, spalanca gli occhi dell’individuo a chi egli o ella davvero è nelle intenzioni di Dio. Non possiamo leggere la Bibbia adeguatamente innanzitutto come individui poiché non sappiamo chi o che cosa siamo come persone uniche se non leggiamo in comunione, se non leggiamo insieme, così che le grandi linee condivise proprie dell’insegnamento cristiano forgi il modo in cui noi vediamo noi stessi e gli altri. In questo modo la Scrittura diventa uno specchio che ci mostra non ciò che siamo come individui isolati, ma ciò che possiamo essere nello Spirito e nel corpo di Cristo.