Transfiguration du Seigneur
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Io e la comunità ringraziamo il Signore per voi con gioia grande e convinta e vi accogliamo nella nostra comunione per sempre. E certo ringraziamo i vostri genitori che vi hanno trasmesso la fede cristiana; ringraziamo quelli che vi hanno aiutato a crescere nella vocazione; ringraziamo anche quelli che qui in comunità vi hanno fatto crescere e vi hanno accompagnato sulle tracce di Gesù, come maestri dei novizi, delle novizie, dei probandi. Cosa dirvi questa sera? Una sola cosa: la comunità non vi può promettere nulla, se non che qui potrete vivere il Vangelo e che qui potrete contare sull’amore reciproco, libero, gratuito, amore sempre bisognoso del perdono. Non dimenticate ciò che dice la nostra Regola: per vivere la fraternità, per vivere la comunione cristiana
- occorre innanzitutto credere all’amore, secondo le parole del discepolo amato: «Noi abbiamo creduto all’amore»(1Gv 4,16). È la cosa più importante, perché chi non crede all’amore non fa vita cristiana ed è fortemente minacciato nel suo cammino di umanizzazione;
- occorre, nello spazio comunitario, decentrarsi, cioè trovare il centro non in se stessi ma nel Signore, e comunque non voler essere al centro della comunità, lasciando sempre Cristo al centro del nostro vivere. Ricordate la lezione che Gesù ha dato alla sua comunità: quando si domandavano chi dovesse stare al centro, Gesù ha messo al centro, in mezzo un piccolo (cf. Mc 9,36);
- occorre dare accoglienza all’altro, decidendo di amarlo prima di conoscerlo. In una comunità monastica il grande allenamento è decidere di amare l’altro prima di conoscerlo. E non valgono né simpatie, né antipatie, né affinità elettive, perché nulla può essere preposto all’amore di Cristo. Il fratello, la sorella, è un dono di Dio, non lo scegliamo ma dobbiamo accettarlo come dono, con il suo modo di stare, di vivere i rapporti, di essere altro: gli possiamo solo chiedere di vivere il Vangelo, come lui può chiederlo a noi;
- infine, occorre curvarsi sull’altro, per servirlo, per perdonarlo, perché prima o poi sarà malato, prima o poi sarà vecchio, prima o poi lo scopriremo peccatore, prima o poi verrà a trovarsi in una situazione di bisogno e ci chiederà di piegarci, di curvarci davanti a lui.
Sì, questi sono quattro verbi, quattro azioni senza le quali non c’è costruzione della comunità, ma in tutte occorre il soffio dello Spirito santo che le accompagni, le sostenga, le purifichi: credere all’amore della vita comune, decentrarsi nella vita comune, fare spazio all’altro nella vita comune, curvarsi sull’altro.
Che lo Spirito vi aiuti a discernere queste esigenze, accompagni con le sue energie il vostro faticoso lavoro, vi sia sempre accanto come Consolatore. Allora potrete sperimentare «com’è bello, com’è buono che fratelli e sorelle siano insieme» (cf. Sal 133): è dono di Dio che scende dall’alto
è olio di santificazione che crea la comunità sacerdotale, perché è l’olio
di Aronne che rende la comunità sacerdotale
è rugiada che scende dall’alto, ristora e dà fragranza alla vita.
Che il Signore realizzi ciò che noi gli chiediamo con umiltà ma anche con audacia.