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XXXI Domingo do Tempo Comum

 

Gesù si scaglia innanzitutto lapidariamente contro quanti «dicono e non fanno», l’esatto contrario di ciò che egli ha testimoniato con la sua vita: egli era credibile, affidabile perché diceva ciò che pensava e faceva ciò che diceva. Ed è proprio da questa sua integrità che nasceva la sua autorevolezza, quella che induceva chi lo incontrava a «stupirsi del suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorevolezza e non come gli scribi» (cfr. Mt 7,28-29). Poi Gesù precisa: «Legano pesanti fardelli e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito». Alla realtà descritta da questa immagine così espressiva si contrappone ancora una volta il comportamento di Gesù: egli è stato un maestro mite e umile di cuore, al quale potevano andare con fiducia coloro che erano stanchi e oppressi, nella certezza di trovare nel suo giogo dolce e nel suo peso leggero il vero riposo per le loro vite (cfr. Mt 11,28-30).

All’accusa di incoerenza, di doppiezza tra il dire e il fare, Gesù aggiunge poi quella di ipocrisia che, nelle sue varie forme religiose e sociali, discende da un’unica motivazione di fondo: «Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente». L’ipocrisia è quel terribile vizio che spinge a privilegiare l’apparire sull’essere, a costo di fingere, di simulare, di recitare una parte davanti agli altri. E questo perché si desidera apparire belli agli occhi altrui, ricevere l’applauso degli uomini, a prescindere dalla propria reale condizione interiore. Gesù, che ha sempre cercato la sua «ricompensa» solo nel segreto del suo rapporto con il Padre (cfr. Mt 6,4.6.18), è impietoso nel condannare questa patologia: nel discorso della montagna aveva detto che questi ipocriti che vogliono gloria per sé «hanno già ricevuto la loro ricompensa» (Mt 6,2.5.16), sia che facciano l’elemosina, sia che preghino, sia che digiunino; qui parlerà subito dopo dei pretesi «giusti» come di «sepolcri imbiancati, che all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni impurità» (Mt 23,27).

Non stupisce che al termine di questa requisitoria Gesù si presenti ai discepoli come unico vero Maestro e Guida. Solo seguendo lui si può camminare insieme verso il nostro unico Padre, Dio; solo la sua autorevolezza, quella di chi «è venuto non per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28) e lo ha fatto con una vita integra e non auto-referenziale, è modello di ogni autorità nella chiesa.

ENZO BIANCHI

Gesù, Dio-con-noi compimento delle Scritture
Commento al Vangelo festivo - Anno A
© 2010 San Paolo Edizione

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