IV Domingo de Páscoa


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Ladro e brigante è chi si erge a padrone del gregge considerando “sue” le persone che appartengono a Cristo. Il Sal 100 recita: “Riconoscete che il Signore è Dio, è lui che ci ha fatto e non noi, noi siamo suo popolo e gregge del suo pascolo” (Sal 100,3). Non noi, ma tu, Signore; non io, ma tu, Signore. Questa confessione della nostra radicale povertà – non io, ma tu –, è anche la condizione della preghiera, il movimento della fede e dell’amore che nasce dalla rivelazione che Gesù, il Cristo crocifisso e risorto, è il pastore delle pecore.

Gesù si autodefinisce porta delle pecore, cioè per le pecore, non porta del recinto. Il termine “recinto” è espresso in greco dal vocabolo aulé che si riferisce normalmente non a un ovile, ma al vestibolo davanti al tabernacolo o al tempio (cf. Es 27,9; 2Cr 6,13; 11,16; Ap 11,12). Ovvero, la porta che immette nella comunione con Dio non è il tempio di Gerusalemme, ma il Cristo morto e risorto. Se Cristo è la “porta” che conduce alla salvezza (Gv 10,9) e se la porta fa parte dell’edificio a cui permette l’accesso, Gesù è al tempo stesso il mediatore della salvezza e la salvezza stessa. Gesù è la Via verso il Padre, ma è anche la Vita (Gv 14,6): in Gesù troviamo la vita del Padre.

Il pastore “fa uscire” le sue pecore (Gv 10,3: Vulgata: educit). Il pastore immette in un cammino di esodo, dunque di liberazione. Compito del pastore è educare alla libertà. Egli chiama per nome ciascuna delle sue pecore e le educa conducendole a vivere in nome proprio. L’educazione è il luogo dell’assunzione della responsabilità nei confronti di chi viene dopo di noi; è uno degli aspetti del ministero pastorale.

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
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