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IV domingo de Páscoa


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Catacombe anonime di via Anapo, Roma
O bom pastor
21 abril de 2013
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANICARDI
Se Jesus guarda e não perde nenhum daqueles que o Pai lhe confiou é porque permanece em relação com o Pai e nesta relação de amor entra e habita cada um dos crentes

21 aprile 2013
di LUCIANO MANICARDI

Anno C

At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30

L’accento della quarta domenica di Pasqua cade su Gesù pastore. Il Gesù che ha guidato i suoi discepoli facendo di loro una comunità è anche il Risorto che dona loro la vita eterna (vangelo); il Risorto è Pastore e Agnello al tempo stesso, è Pastore perché Agnello, Colui che guida i credenti alla vita piena grazie alla sua passione e morte (II lettura); il Risorto continua a esercitare nella storia le sue funzioni di pastore, cioè a formare comunità e a guidare e nutrire le sue “pecore”, attraverso l’attività apostolica di predicazione della Parola di Dio (I lettura).

Ascolto, conoscenza e sequela sono gli atteggiamenti spirituali delle “pecore” nei confronti del “pastore”, sono gli atteggiamenti costitutivi della fede. Cioè, la vita che il Signore dona continuamente ai credenti, e che essi ricevono grazie al loro ascolto, alla loro sequela e alla loro conoscenza del Signore, è la comunione con lui. Comunione che è, al tempo stesso, relazione con il Padre, perché “io e il Padre siamo uno” (v. 30). Se Gesù custodisce e non perde nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato è perché Egli rimane nella relazione con il Padre e in questa relazione di amore entra e abita ogni credente. Noi invece, facciamo ciò che Gesù non fa: noi sappiamo perdere i doni ricevuti, sappiamo perdere l’amore, sappiamo perdere l’altro, sappiamo non custodirlo. Perdiamo l’altro perché usciamo dalla relazione con il Signore e ci chiudiamo nell’egoismo. E così mentre perdiamo l’altro, smarriamo anche noi stessi e il senso del nostro vivere che si situa nella relazione con il Padre e con i fratelli.

Il contrario di questo perdere non è guadagnare, ma rimanere. Si tratta di rimanere nell’amore del Signore, nella Parola del Signore, in Lui, come il tralcio rimane nella vite e vive della vita che riceve dalla pianta. Potremmo accostare l’espressione giovannea secondo cui nessuno può rapire il credente dalla mano del Padre all’espressione paolina che dice: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? … Né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,35.38-39). Rimanendo in quell’amore si fa esperienza del dono della vita che viene da Dio e della comunione con lui.

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