Um paradoxo de serenidade e ardor

14 07 09 anthony bloomPer ricordare i 100 anni dalla nascita del metropolita Anthony Bloom (1914-2003), grande spirituale e amico della comunità, riportiamo un abbozzo di ritratto ricco di vibrante affetto ed intelligente penetrazione che ne ha fatto il 29 ottobre 2011 p. Michel Fortounatto, al suo fianco a Londra per più di quarant'anni:

L'amore di Dio come fuoco

I versi che seguono, tratti dal Vangelo di Matteo, mi paiono un punto di partenza ideale per parlare del nucleo della personalità del metropolita Anthony come l'abbiamo conosciuto:
“Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre. Ma chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli. Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace ma una spada. Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. (Matteo 10, 32 – 33, 37)
Questo amore per il Cristo bruciava dentro di lui come una fiamma.
Ciò descrive il vescovo Anthony nel suo essere più profondo. Il suo amore per il Cristo permeava la sua mente e la sua anima, non in opposizione al suo impegno genuino e sincero nei confronti degli uomini e delle donne che lo circondavano. Più che una convinzione, il suo costante senso del Cristo vivo era una consapevolezza della presenza reale del Figlio di Dio incarnato, e dello Spirito, fra di noi. In questo senso, si potrebbe collegare l'amore per Cristo del vescovo Anthony con l'identificazione nel Cristo di San Paolo:
“La vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.” (Galati 2,20)
Questo amore era un processo a doppio senso. Prima che il giovane André (come fu chiamato con il battesimo) conoscesse il Signore della vita (abbiamo notizia del momento della sua conversione all'età di 14 anni) Dio lo amava con l'amore che noi stessi abbiamo veduto riflesso nel vescovo Anthony più tardi, negli anni della maturità.
Nei suoi discorsi, egli ripetutamente parlava del più grande sacrificio sopportato da ogni essere vivente, il sacrificio della perdita di Dio, la perdita del Padre da parte del Cristo sulla Croce, sul Golgota. “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mt. 27,46). Egli era davvero sgomentato da queste parole disperate. Immagino che, per lui, maggiore è il dono dell'amore di Dio, più profondo sia il rischio esistenziale della sua perdita. Al contrario naturalmente, la sua consapevolezza dell'eternità della vita nella vittoria della Resurrezione era di conseguenza così immensa, chiara e convincente quanto lo era la sua visione della Croce.
L'amore di Dio era pertanto la sua speranza più profonda. Con questo intendo spiegare, tra gli altri fatti, l'attesa della morte lungo tutta la vita, ardente, persino vigorosa da parte del vescovo Anthony, altrimenti inesplicabile, l'amore per la sua stessa morte, se volete (naturalmente non il suicidio). La morte che egli  desiderava, mi pare rappresentasse per lui il momento della gioia spirituale finale del ritorno al Signore ed il completamento del suo amore per Cristo.
Il giorno che morì, mi capitò di essere solo con lui in ospedale. Quando entrai nella stanza, egli era assopito, o forse era già morto, non lo so. Non c'era alcun movimento in lui. Una felicità pura e semplice per essersi addormentato serenamente splendeva sul suo viso. 

Pace

Uomo dotato di ardore, padre Anthony conobbe nel corso della sua vita anche la pace. Egli era, se volete, plasmato di perfetta pace umana, tanto quanto era permeato di vibrante ardore umano. Le molteplici espressioni della presenza divina che emanavano da lui erano esplicitate dalla pace profonda della sua natura. Un lato del suo carattere estroverso, testimoniato e sperimentato dai molti che lo avevano avvicinato, era un improvviso, radioso giubilo, di fronte alla persona che stava incontrando, come se, per lui, questo incontro fosse un miracolo. Ho riflettuto su questo, e la mia riflessione mi ha condotto a concludere che egli possedeva un alto grado di musicalità nel suo temperamento. In verità, il giubilo è un canto gioioso, e nella lingua russa, “lik” indica un gruppo di cantori di liturgie, un coro (“giubilo” è “likovanie”)
Ora, dopo così tanti anni, penso di conoscere un aspetto delle sue intime convinzioni a proposito della liturgia. Era questo: PACE, perché Cristo è pace e, conseguentemente, momenti di silenzio sereno erano necessari come punti salienti della liturgia, momenti di ascolto dello Spirito di Dio.
Sappiamo che padre Anthony era intollerante rispetto ad ogni confusione all'interno della liturgia. Egli bandiva ogni cero supplementare, ventagli, responsori, chierici e qualunque ampollosità fuori delle ordinarie funzioni episcopali; indossava le proprie vesti episcopali e celebrava come un semplice prete, ed in tal modo accentuava la semplicità luminosa della preghiera. Tutti i suoi atti in chiesa erano caratterizzati da serietà. Egli si muoveva sempre con un'andatura nobile, e pronunciava le preghiere con un solenne, profondo tono di voce. Il suo pacato atteggiamento liturgico aveva l'effetto di unire le persone. Così come l’edificio della chiesa guarda verso oriente, la sua preghiera volgeva a Dio.
In contrasto con il suo atteggiamento generoso e rispettoso verso i rituali, osservai un cambiamento che si era prodotto nell'apprezzamento di padre Anthony della musica in chiesa. Dopo avermi invitato a trasferirmi in Gran Bretagna come maestro del coro, egli un giorno dichiarò con franchezza che non poteva soffrire il canto in chiesa, affermazione che ricevetti come una notizia sconvolgente. Lo sapevo, si può cantare in coro senza alcun significato liturgico, con il solo interesse per l'interpretazione, mettendo in evidenza la qualità esteriore delle voci, per esempio. Al contrario, conoscevo anche una maniera di cantare più delicata, una maniera affine alla contemplazione, come la contemplazione delle icone e del Vangelo.
Mi ero dedicato a coltivare quest'ultimo percorso. Dopo alcuni anni, padre Anthony mi disse infine (con una strizzatina d'occhio divertita), che dopotutto egli poteva pregare con me, che cantavo...Un giorno, quando glielo chiesi, egli accettò di unirsi al coro che stavo dirigendo di fronte ad una vasta assemblea ecumenica. Tutto questo narra il suo atteggiamento essenziale verso il culto che non è niente di meno che un totale abbandono a Dio ed un totale dispregio per quelli che possono divenire inessenziali, marginali simboli dell'intrattenimento religioso.